lunedì 5 luglio 2010

Il rispetto delle regole ed il mal di pancia altrui. Ovvero: a quando l'operazione gabbiani puliti a Catania?

E' proprio vero, sarà il caldo e sarà la stanchezza ma non riesco a comprendere come il mio Partito, Italia dei Valori, il Partito delle Regole, possa ignorarle le Regole. Insomma, non possiamo pensare di dare lezioni di trasparenza e di etica politica agli altri se poi agiamo allo stesso modo! Ma dico io, è normale che a fronte di certi fatti (che farebbero di certo saltare dalla sedia il nostro "James Tonino Bond") qualcuno ha invece deciso di accontentarsi di un'autocertificazione?

Premetto, per chi non lo sapesse, che il mio rapporto nei confronti di Antonio Di Pietro e di Italia dei Valori discende dagli inizi ed oramai fa parte integrante della mia vita e della mia stessa famiglia, tant'é che mi definisco e con orgoglio uno della "vecchia guardia". Insomma, io tengo tantissimo al nostro Partito, perché lo considero come una creatura che ho visto nascere e per la quale continuerò a battermi affinché, pur tra le comprensibili difficoltà, possa crescere in modo sano. Dobbiamo noi tutti impegnarci affinché IDV possa affermarsi sempre di più quale unico, concreto, strumento politico degli Italiani per giungere quanto prima all'alternativa di governo e finalmente rassegnare al giudizio della storia questa farsesca ed allo stesso tempo drammatica "era del biscione".

Proprio per le superiori premesse non posso quindi restare impassibile e silente dinnanzi agli "assalti alla diligenza" perpetrati ai danni del nostro partito ed in modo particolare a quanto accaduto in provincia di Catania.
Se è consentito ad un Dirigente Regionale di un Sindacato portare al Congresso Provinciale di Italia dei Valori le proprie “truppe cammellate”, organizzarle e dirigerle (a mò di sfida) con appuntata alla camicia il distintivo del proprio sindacato e non già quella del gabbiano; se è consentito tesserare gente che non gliene frega niente di stare in questo o in quel partito ma crede di poter ricevere vantaggi per i propri interessi di lavoro o altro e che viene al nostro Congresso Provinciale solo per votare e vociosamente minacciare gli "iscritti veri" che vogliono fare il proprio intervento. Insomma, se è consentito tutto ciò, io e quanti altri la pensano allo stesso modo nella provincia di Catania non intendiamo restare in silenzio e continueremmo a batterci con tutte le nostre forze affinché Italia dei Valori rimanga il partito che noi tutti vogliamo.

In quanto ai mal di pancia essi si possono facilmente curare ma altre patologie non sono altrettanto facilmente debellabili. Ad esempio, l'accecamento politico (giunto ad una fase avanzata) tale da far perdere anche la dovuta prudenza che un buon aspirante dirigente politico e prima ancora un legale, dovrebbe conoscere ed attuare e mi riferisco al neo eletto Coordinatore Provinciale di IDV. L'aver egli reso pubblica una missiva che il sottoscritto aveva invece inteso quale comunicazione interna del nostro partito, e ancor di più, l'averla pubblicata con la relativa risposta dell'On. Ivan Rota, rappresenta un atto di gratuita spavalderia, più che un’azzeccata mossa politica. Se il suo intento ero quello di determinare una qualche mia reazione, essa, al contrario, non ci sarà. O, almeno, non ci sarà nei termini immaginati. Ad esempio, non pubblicherò certamente il contenuto del successivo scambio di missive avuto con l'On. Rota e con altri dirigenti IDV. La mia è una questione di rispetto delle regole e lo è proprio perché faccio parte di un partito che fonda il suo stesso motivo di esistere sul rispetto delle regole.
Ecco perché ritengo che la questione tesseramento e le modalità di svolgimento del Congresso Provinciale siano questioni talmente delicate, gravi e rilevanti che debbano essere affrontate -nel merito- e al più presto ma nelle opportune sedi del partito e non di certo sul web. Soltanto dopo aver percorso in tutto e per tutto la vie delle regole, mi riterrò libero di pensare ad altre possibili soluzioni. Intanto ribadisco la mia scelta, di non partecipare alle riunioni del Coordinamento Provinciale di Italia dei Valori sino a quando non sarà fatta chiarezza sulle questioni sollevate.

Infine, lancio un accorato appello al mio Presidente, Antonio Di Pietro, affinché sapendo che al congresso provinciale IDV di Catania è stato inferto un durissimo colpo alle speranze per un partito che deve essere diverso dagli altri, egli intervenga tempestivamente al fine di tutelare IDV ed il suo futuro.
FUORI I PROCI DA ITACA!!!

lunedì 28 giugno 2010

Mozione Congresso Provinciale IDV-CT : “VALORI E CONCRETEZZA PER LA PROVINCIA DI CATANIA”


Agli iscritti ad Italia dei Valori
della provincia di Catania

p.c.
Al Commissario Regionale IDV
Sen. Fabio Giambrone

Al Commissario provinciale IDV
On. Domenico Scilipoti

Al Garante per il Congresso Provinciale IDV
Ing. Enzo Rizzuto

Oggetto: Congresso Provinciale di Catania - presentazione Mozione Congressuale

In allegato alla presente si invia la Mozione "Valori e Concretezza per la provincia di Catania" che sarà presentata dal sottoscritto al Congresso Provinciale IDV fissato per il prossimo 27/06/2010 presso l'Hotel "Le Dune" di Viale Kennedy a Catania, con inizio alle ore 9,30 (o per una eventuale successiva data che dovesse essere fissata in accoglimento della richiesta di rinvio avanzata ai competenti organi del partito).
La suddetta mozione sarà accompagnata da una lista di diciotto candidati al Coordinamento Provinciale composta dai Rappresentanti delle principali realtà territoriali della provincia (quelli indicati dagli stessi Circoli territoriali, ove esistenti) e da quanti hanno dimostrato nel tempo capacità politiche e/o organizzative.
La mia proposta di candidatura a Coordinatore Provinciale vuole rappresentare un ulteriore momento di servizio nei confronti degli ideali e dei valori sui quali si fonda il soggetto politico voluto da Antonio Di Pietro e che -sin dalla- sua nascita ho contribuito, insieme ad altri, a sostenere in provincia di Catania. Dietro questa scelta non vi è nessuna ricerca di un futuro "posto al sole", al quale ho pubblicamente rinunciato, ma lo strenuo impegno per garantire l'agibilità politica di tutti.

CHIEDO A QUANTI CONDIVIDONO LA MOZIONE E CIO' CHE RAPPRESENTA DI SOTTOSCRIVERLA.

A tal fine Vi invito a partecipare alle riunioni che si terranno oggi, mercoledì 23/06/2010 e venerdì 25/06/2010 alle ore 19,30 presso la sede provinciale di IDV in Via Giacomo Leopardi n.119 Catania.

Nel corso delle stesse riunioni e nelle successive che si terranno tutti i venerdì sera, si procederà, come sempre, al coordinamento delle attività in corso e di quelle da organizzare ulteriormente per la raccolta delle firme sui 3Referendum.

Cordiali saluti
Michele Barbagallo

N.B.:
l'allegata Mozione sarà inviata a termini di Regolamento Congressuale al Garante per il Congresso Provinciale, Ing. Vincenzo Rizzuto.

--------------------------------------------------------------------------------------------------

CONGRESSO PROVINCIALE
Catania, 27 Giugno 2010

MOZIONE
“VALORI E CONCRETEZZA PER LA PROVINCIA DI CATANIA”
Mozione redatta con il contributo degli iscritti
---------------------------

Legalità, trasparenza e giustizia hanno da sempre caratterizzato il nostro partito, l’Italia dei Valori.
Un partito fondato per iniziativa di Antonio Di Pietro, nel quale ci riconosciamo quale indiscusso leader e Presidente.

L’Italia dei Valori, soggetto politico nato nel 1998 come movimento e successivamente trasformatosi in partito, sta raccogliendo sempre di più il consenso di quei cittadini che, riconoscendosi nei nostri valori costituenti e apprezzando il modo chiaro e deciso di fare opposizione al dilagante berlusconismo, danno sempre in maggior numero il proprio consenso alle liste del gabbiano. Essere pronti per il 2013 (e auspicabilmente anche prima) è diventato l’obiettivo del nostro partito. Un obiettivo sancito nel corso del Congresso Nazionale IDV tenutosi a Roma lo scorso mese di febbraio 2010 e fortemente voluto da Antonio Di Pietro con il sostegno dei dirigenti e degli eletti IDV. Si è trattato di un cambio di strategia politica di IDV, che ha ricevuto il consenso della stragrande maggioranza della base e che dovrà portarci quanto prima ad una nostra alternativa di governo.

Proprio l’alternativa di governo, un’alternativa che deve essere credibile, assieme all’iniziativa referendaria, con la raccolta delle firme partita il 1° maggio scorso per bloccare il Nucleare, difendere l’Acqua pubblica e fermare il Legittimo Impedimento, proprio queste sono le iniziative che rappresentano le priorità per il presente e per l’immediato futuro della nostra azione politica a livello nazionale e locale.

Ma a proposito di fare politica e di cosa si intende per fare politica non si può non sottoscrivere appieno il pensiero di Pippo Russo, eletto da pochi giorni a Coordinatore Provinciale di IDV Palermo. Egli afferma così nella sua relazione programmatica: “Fare politica non è la corsa solitaria di qualcuno, e non è esercizio di richieste. Fare politica è prima dare. Abbiamo visto, nella nostra esperienza, tanti esperti nel fiondarsi sul carro del vincitore, tanti. Oppure che, senza colpo ferire, senza avere prima dato, ti ritrovi già davanti a te. No. La politica non è solo chiedere e ricevere. La politica è dare, prima di tutto dare. Non è avere il posto sicuro in una lista o la sistemazione personale. Fare politica è fare squadra, fare politica è dare, prima di chiedere. Fare politica non è risolvere il mio problema, ma lavorare per risolvere i problemi della comunità e, quindi, anche quello mio personale. Fare politica è anche un’altra cosa, soprattutto un’altra cosa. E’ fatica. Fare politica non è fare passerelle. Lo sanno bene, per esempio, tutti quelli che generosamente hanno dato una mano nei gazebo per la raccolta delle firme. Fare politica, non è il comunicato stampa, l’apparizione in una trasmissione televisiva o il posto in prima fila in qualche evento di rilievo. Fare politica è raccogliere le firme per un referendum promosso dal partito, fare un sit in anche se sai che la città non c’è e tu sarai solo con i cosiddetti soliti quattro gatti, è andare dove ci sono famiglie senza una casa che soffrono, o degli anziani che vengono cacciati dal Comune da quello che prima era il loro centro di accoglienza. Fare politica è fare squadra, è dare, è fatica. E il partito, è uno strumento mai un fine. Dopo averci messo il cuore, tutto il resto viene da sè.”
Quello del neo eletto Coordinatore Provinciale di Palermo, Pippo Russo, è un sentire comune che ci accomuna nella militanza in Italia dei Valori e quanti non la pensano e, soprattutto, non agiscono conseguenzialmente, non dovrebbero avere nulla a che spartire con il nostro partito.

Premesso quanto sopra e sancito che:

1) Italia dei Valori della provincia di Catania deve affrancarsi dal lungo periodo di commissariamento e tornare ad operare, con autorevolezza, nell’autonomia riconosciuta dallo Statuto Nazionale e Regionale del partito, anche ricoprendo il ruolo strategico di punto di riferimento per IDV nella Sicilia Orientale.

2) il tesseramento a IDV deve rappresentare l'affermazione di una partecipazione sentita e convinta e non certamente vincolata a cortesie personali o peggio ancora e quindi non può essere tollerata alcuna corsa al tesseramento ma deve attuarsi una sana azione di coinvolgimento dei simpatizzanti del partito mediante la proposizione di modelli d’azione politica, virtuosi e concreti; in tal senso condividiamo appieno quanto affermato dal Capogruppo IDV alla Camera dei Deputati, l’On. Massimo Donadi: “L’Italia dei Valori dovrà essere il partito del nuovo Rinascimento della politica italiana, che concepisce la politica come servizio civile, come ricerca del bene del cittadino e non della poltrona per il dirigente politico di turno. Italia dei Valori dovrà essere il partito dei militanti e non dei tesserati. Per questo, il tesseramento dovrà basarsi su un principio imprenscindibile, ovvero il passare di un ragionevole lasso di tempo tra il momento in cui ci si iscrive e quello in cui ci si candida a incarichi pubblici o di partito. Solo così Idv potrà selezionare una classe dirigente coerente ed “appassionata” e non ridursi ad essere un autobus sul quale si sale per fare carriera. Italia dei Valori dovrà continuare ad essere il partito delle regole, che significa una cosa sola. Chi sbaglia paga ed è fuori un secondo dopo, a tutti i livelli, qualunque sia il suo incarico o il suo ruolo. Solo così facendo, Idv potrà continuare ad essere quel partito integerrimo che fa del rispetto delle regole e della questione morale il suo punto qualificante e di partenza per un vero rinnovamento della classe politica italiana”. Insomma, come affermato dal Presidente del partito, On. Antonio Di Pietro, “l'Italia dei Valori ha bisogno di persone che non vogliono stare alla finestra a guardare, ma che scendono nell’arena di un Paese che non crede nella politica fatta di politicanti, di sprechi e di mazzette. Noi partecipiamo alla politica per cambiare le facce e per cambiare la politica. Ma per cambiare le facce abbiamo bisogno anche della faccia di quanti si tesserano”.
E, aggiungiamo noi, la faccia di quanti si tesserano non deve esserci soltanto al momento di alzare la mano per votare ad un Congresso ma deve esserci sempre.

3) le attività politiche, rispetto ad altre, seppur in taluni casi possano convergere, debbono rimanere nettamente distinte e pertanto la sede provinciale del partito è ad uso esclusivo del partito e dei Circoli che fanno riferimento al partito;

4) l’appartenenza al Coordinamento Provinciale ed a tutti gli organismi ad esso correlati, ma anche la semplice partecipazione alle attività, sarà preclusa a chi abbia in corso, procedimenti penali, per reati non colposi, o qualora si tratti di amministratori, o dirigenti di qualsiasi ente, che siano sottoposti a controlli o verifiche contabili dagli organi di controllo previsti per legge.


Tutto quanto sopra premesso e sancito e volendo essere pragmatici, evitando pertanto in questa sede di ripetere i contenuti della mozione regionale presentata al Congressuale Nazionale che si è tenuto a Roma il 5-6 e 7 Febbraio 2010, ma condividendoli appieno e facendoli propri, il nuovo Coordinamento Provinciale, cosciente del fatto che l’azione politica di Italia dei Valori in provincia di Catania deve essere rilanciata poiché per il recente passato è apparsa carente (soprattutto nel capoluogo) e che per fare ciò occorre il contributo di tutti, a partire dai giovani del partito, deve porsi con immediatezza le seguenti priorità d’azione:

1) affrontare, anche mediante la creazione di Dipartimenti Tematici Provinciali, snelli ed operativi, le problematiche di principale interesse, quali:
- la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni e la partecipazione dei cittadini;
- la crisi economica ed occupazionale e gli effetti in ambito provinciale dei tagli voluti dal governo nazionale ai vari comparti, a partire da quello dell’istruzione;
- la commistione tra politica ed affari, ovvero l’infiltrazione nella pubblica amministrazione e la sua corruzione ad opera dell’imprenditoria corrotta e/o della malavita organizzata;
- il dissesto economico e finanziario del comune capoluogo;
- la gestione delle aziende municipalizzate e gli A.T.O. per le risorse idriche e lo smaltimento dei rifiuti;
- la programmazione urbanistica e la realizzazione di infrastrutture, a partire dal capoluogo e dall’area metropolitana;

I contributi tematici che sono allegati in calce alla presente Mozione e che ne fanno parte integrante, unitamente a tutti gli altri che nel tempo perverranno, andranno valutati dai competenti Dipartimenti Provinciali e quindi adottati quali contributi all’azione del partito.

2) superare attraverso mirate azioni ed iniziative pubbliche, la censura operata dai principali mezzi di comunicazione radiotelevisivi e della carta stampata locale (in particolar modo quelli concentrati nelle mani del monopolista locale);

3) escludendo categoricamente ogni possibile alleanza politica e/o elettorale con i partiti del centrodestra, ribadire il dialogo privilegiato con il Partito Democratico, tuttavia sulla base di una forte e risoluta critica per le sue recenti alleanze regionale e locali con l’MPA.;

4) attuare il dialogo ed il confronto con i movimenti e le associazioni della cosiddetta società civile, con i partiti della sinistra tradizionale ed anche con il partito radicale, al fine di condurre iniziative politiche e/o elettorali comuni;

Inoltre, il Coordinatore Provinciale, con il sostegno dei componenti del Coordinamento e dell’Esecutivo in particolare, si adopererà per:

- concordare nei Comuni dove il centrosinistra è al governo o nelle altre Istituzioni locali, la possibilità sin da subito o in tempi brevi, di entrare a far parte ed in maniera attiva nelle stesse Istituzioni;

- richiedere ai Responsabili Regionali del partito e/o a quelli Nazionali un’equa distribuzione dei fondi del partito sul territorio ed in particolare a favore della Sede provinciale e dei Circoli che condurranno attività sul territorio;

Per poter tradurre le parole in fatti è quindi fondamentale far crescere il partito dell’Italia dei Valori anche nella nostra provincia e farlo attraverso costanti iniziative politiche che ne favorisca la visibilità ma innanzitutto la concretezza, ovvero attraverso il sempre maggior coinvolgimento degli iscritti e simpatizzanti e l’apertura agli apporti esterni.

Ma è soprattutto sull’ottimizzazione dell’organizzazione che occorre puntare, sia quella locale, con l’apertura di nuovi Circoli territoriali in tutte le principali località e con la loro messa in rete, e sia quella provinciale. Pertanto, la lista allegata alla presente dei candidati al Coordinamento Provinciale è formata da n.18 componenti oltre al Coordinatore. Sarà lo stesso Coordinamento, al fine di una migliore operatività, ad eleggere al proprio interno un Esecutivo Provinciale nel numero e nella composizione che sarà fissata dal Coordinamento medesimo. Il Consigliere Provinciale entrerà a far parte del Coordinamento Provinciale poiché membro di diritto.

Il Coordinamento Provinciale proposto nella presente Mozione rappresenta non tanto la sintesi forzata di gruppi distinti, ma piuttosto una squadra affiatata composta dai rappresentanti delle principali realtà territoriali della provincia (preferibilmente indicati dagli stessi Circoli territoriali, ove esistenti) e da quanti hanno dimostrato nel tempo, affidabilità e capacità politiche e/o organizzative.

Il dissenso interno sarà ovviamente accettato e tutelato ma non potrà costituire alibi per non operare secondo le direttive assunte collegialmente dal Coordinamento o dall’Esecutivo, ovvero dal Coordinatore. In ogni caso, i criteri di selezione della classe dirigente del partito, ovvero della formazione di liste elettorali o dell’affidamento di incarichi a qualsiasi livello, debbono fondarsi sulla meritocrazia, ovvero sulle capacità e sulle competenze già dimostrate nel tempo e accertabili dai curriculum politico/professionali, ovvero di impegno sociale e/o culturale.

Per tutto quanto sopra è importante focalizzare ulteriormente i seguenti punti programmatici per l’azione del Coordinamento Provinciale:
· Creazione dei Dipartimenti Tematici:
- Ambiente, Territorio e Infrastrutture
- Cultura
- Economia e Finanze
- Giovani Italia dei Valori
- Giustizia e Sicurezza
- Istruzione
- Lavoro e Welfare
- Riforme Istituzionali e politiche dell’Unione Europea
- Sanità e Salute
- Università
-
· Impegno di una squadra di persone motivata e responsabile che sarà il motore della nostra azione, in tutte le sue componenti e non solo nella figura del coordinatore provinciale, attraverso un lavoro che deve essere svolto in team condividendo informazioni, iniziative e soprattutto decisioni. Il Coordinamento della provincia di Catania deve essere non tanto uno strumento gestionale ma deve rappresentare soprattutto il nucleo propositivo che raccoglie ed elabora le istanze della base ed in collaborazione con i Circoli Territoriali porta le diverse tematiche all’attenzione dei vertici del partito.
· Valorizzazione del lavoro degli iscritti che, attraverso i Circoli Territoriali, laddove costituiti, sono i nostri primi avamposti sul territorio, cercando un sempre maggiore coinvolgimento di quanti si avvicinano al nostro partito, analizzando le iniziative che essi propongono e coordinando al meglio i rapporti tra loro e i nostri rappresentanti nelle istituzioni.
· Passione e presenza costante sul territorio attraverso un’attenzione alle diverse problematiche dei cittadini, attraverso un monitoraggio delle stesse ed un’azione più incisiva nelle istituzioni rispetto alle crescenti necessità dei giorni nostri (crisi economica, disoccupazione, casa, sicurezza ecc.). Coinvolgere le persone non solo nel momento elettorale o referendario ma anche e soprattutto attraverso un rapporto costante con i nostri referenti nelle diverse parti del territorio provinciale.
· Ottimizzare i rapporti tra i diversi organi di partito migliorando la comunicazione e la gestione, al fine di promuovere iniziative comuni che possano rendere più strutturato e forte il nostro partito e fornire risposte più puntuali e precise nel merito delle questioni. Soprattutto attraverso la sinergia tra il coordinamento provinciale e quello regionale, grazie alla quale sarà possibile implementare le nostre istanze da un livello locale ad un livello regionale.
· Migliorare i rapporti con i diversi interlocutori sociali soprattutto attraverso una comunicazione globale, in particolare che tenga conto, dei rapporti con i referenti di altri partiti, associazioni, sindacati e comitati di cittadini che da sempre hanno il polso della situazione nelle varie zone della provincia di Catania.
· Utilizzo del web, quale media strategico, per la comunicazione politica e l’organizzazione del partito, al fine di:
- far interagire costantemente tra di loro: l’Organizzazione provinciale del partito, Iscritti, Circoli Territoriali e Dipartimenti Tematici;
- monitorare gli umori ed il livello di gradimento dell’azione politica svolta e informare sulle evoluzioni delle campagne elettorali e/o referendarie;
- far partecipare, anche mediante blog interattivi e gruppi sui social network, gli iscritti, i simpatizzanti e gli elettori per esprimere proposte, opinioni, organizzare momenti di aggregazione e sensibilizzazione;
- comunicare in modo costante e dinamico con costi infinitamente più bassi rispetto agli altri media;
- raggiungere quel target di persone che fa di Internet il principale strumento di informazione, approfondimento ed interazione con il mondo esterno.
----------------------------------------------

Cari amici, le sfide che ci attendono nel prossimo futuro saranno molte. Dovremmo riuscire, tutti assieme, a far crescere il partito nella provincia di Catania e la sua rappresentanza nelle Istituzioni locali e nazionali. Con la buona volontà ed il lavoro di tutti sono convinto che ci riusciremmo.

Michele Barbagallo



Acireale, 23/06/2010


-------------------------------------------------------------------------------------

Contributi tematici
facenti parte integrante della Mozione
“VALORI E CONCRETEZZA PER LA PROVINCIA DI CATANIA”


AGRICOLTURA

L’agricoltura siciliana, e per quanto più strettamente ci interessa, quella della provincia di Catania, è in ginocchio!
Le varie riforme della P.A.C. (Politica Agricola Comune) intervenute negli ultimi anni in certi casi hanno creato più problemi di quelli che hanno risolto.
Le sigle sindacali che a tal proposito si sono mosse in questo frangente, non hanno ottenuto i risultati che si erano prefissati e che avevano promesso, pur impegnandosi con manifestazioni e proteste.
Il ministro per l’agricoltura Zaia ha fatto sino ad ora e continua a fare SOLO gli interessi degli agricoltori e allevatori del NORD, infischiandosene della Sicilia come del resto tutto il governo, d’altro canto l’ARS, non si è a tutto oggi battuta in maniera decisa a favore degli agricoltori siciliani, impegnata com’è a spartire incarichi agli amici, a creare nuove alleanze per non perdere il comando, e a difendere un governatore nuovamente implicato in vicende di mafia e collusione, francamente INDIFENDIBILE.
La crisi economica, che attraversiamo, sta ancora di più soffocando gli agricoltori e allevatori siciliani che quest’anno, oltretutto si vedranno costretti a ulteriori esborsi di tasse, visto che la regione ha ritenuto giusto, in questo frangente, non concedere nessuno sgravio fiscale a seguito delle condizioni climatiche, come avvenuto negli ultimi vent’anni.
I limoni e le pregiate arance siciliane vengono, in grandissima parte, portate ai centri per la raccolta per la produzione di succhi di frutta, dove sono pagate un terzo del loro valore. La cerealicoltura del calatino e della provincia di Catania in generale sta attraversando uno dei periodi più neri che si ricordano grazie all’abbattimento del prezzo del grano duro dovuto all’ingresso proprio in Sicilia come nel resto d’Italia dei cereali provenienti da paesi extra EU, come Canada ed ex Unione sovietica in certi casi con valori di contaminazione e tossicità tali da renderli inadatti nemmeno al foraggio per animali cui però non fanno seguito né la diminuzione delle sementi e dei prodotti utilizzati per la produzione, né dei carburanti, e inspiegabilmente nemmeno del prezzo dei derivati come pane e pasta, che al contrario erano subito aumentati due anni fa in conseguenza dell’aumento momentaneo del prezzo del grano. I controlli inspiegabilmente quasi del tutto e assenti sulle importazioni dei prodotti agricoli, aggravano enormemente la crisi del comparto, drogando il mercato.
In tutto questo, Italia dei Valori DEVE prendersi l’impegno di portare nelle sedi preposte delle Istituzioni le istanze degli agricoltori siciliani facendosi ancora una volta, baluardo delle classi più deboli e sofferenti della popolazione con proposte che vengano una volta tanto da chi conosce veramente i problemi e le dinamiche del settore agricolo e non da burocrati che scrivono leggi guardando solo ai numeri senza conoscere cosa vuol dire lavorare in campagna.
In alcune realtà, come Caltagirone, il mercatino diretto sta avendo dei buoni risultati, ottenuti grazie alla piena libertà data agli agricoltori di vendere direttamente i propri prodotti con piena soddisfazione sia degli agricoltori stessi, che vendono ad un prezzo per loro più alto di quanto non otterrebbero vendendo ai magazzini, sia dei consumatori che al contrario acquistano a prezzi inferiori rispetto ai supermercati e negozi ortofrutticoli, e sentono i prodotti come più genuini e freschi. Questo crea una fidelizzazione della clientela, che soddisfatta ritorna sempre nelle stesse bancarelle dove ha trovato genuinità e convenienza. Si tratta di un esempio che va diffuso in tutta la provincia di Catania.
Tuttavia, la vera battaglia deve essere combattuta necessariamente sul mercato all’ingrosso, dove sono costantemente mortificati gli sforzi degli agricoltori, deboli dal punto di vista della contrattazione dei prezzi, in previsione anche della scadenza del 2013 anno in cui la Sicilia lascerà il suo status di regione in difficoltà, e come tale destinataria dei contributi alla produzione erogati per mezzo della PAC (Politica Agricola Comune), con la conseguenza che gli aiuti che oggi per molti agricoltori rappresentano l’unico mezzo per continuare a coltivare e produrre, non saranno più concessi agli stessi, obbligandoli, in molti casi ad abbandonare le campagne ed il loro lavoro, magari per vendere ai grossi latifondisti. Proprio l’effetto opposto che l’UE si era prefissata quando aveva istituito gli aiuti con la PAC e un enorme balzo indietro nella storia dell’agricoltura Siciliana.


DONNE
IDV è un partito che si impegna a garantire alle donne la giusta rappresentanza al suo interno, senza differenza di genere e senza relegarle all’interno di sezioni separate e/o di coordinamenti o dipartimenti appositamente creati.
Ogni battaglia politica e sociale ha visto le donne protagoniste al pari degli uomini, per tale motivo sarà opportuno promuovere, garantire e cercare di coinvolgere nelle attività di partito un numero sempre crescente di donne, che possano contribuire alla crescita delLO stesso, attraverso:
- contatti stabili con tutte le associazioni che si occupano di sociale, di problemi di minori, e di donne , in stato di disagio economico e sociale;
- interlocuzioni, compresi incontri, inviti nei momenti simbolicamente importanti per la vita democratica di un partito, estesi a tutti coloro che si occupano di temi sociali;
- fare proprie le battaglie che si condividono, nel rispetto dei movimenti promotori;
- chiedere se si può collaborare insieme, (ad esempio …IDV condivide il progetto politico di…. e conseguentemente promuove una legge…..ecc) alla redazione di proposte di legge, anche formulate da altre associazioni, partiti, delle quali si condivida le linee fondamentali e coerentemente con i propri fini politici;
- creare contatti con le varie associazioni già operanti sul territorio, e in particolare nei quartieri disagiati, al fine di fornire sostegno politico, istituzionale, o pubblicità dei vari problemi che via via saranno proposti e portati all’attenzione degli organi di partito;
- organizzare incontri, dibattiti, anche attraverso la partecipazione di deputati, senatori, esperti della materia, che siano indirizzati agli studenti di ogni ordine e grado, su temi di attualità, o che siano rilevanti per la costruzione di una coscienza civica degli studenti (vedi ad esempio su costituzione, la politica , i lavori parlamentari, le leggi …) . Questo per un partito che non vive silenziando o espropriando il tessuto democratico, un partito che deve costruire una rappresentanza non solo partitica.
Sollecitare i propri amministratori locali, presenti nelle istituzioni, comunali, provinciali, regionali, di aderire alla campagna “sulla pubblicità offensiva”, cioè il protocollo, sollecitato dalla direttiva europea e oggi recepita da alcune amministrazioni locali, con le quali le giunte si impegnano a vietare quelle pubblicità che siano offensive nei confronti delle donne e dei minori.


FAMIGLIA

AZIONI PER LE FAMIGLIE NUMEROSE.
Chissà perché in Italia le famiglie devono essere tanto più penalizzate, dal punto di vista fiscale e tariffario, tanto più numeroso è il numero dei loro figli?
Il risultato è che le famiglie numerose sono una specie in via di estinzione, sempre in vetta come categoria alle classifiche di povertà, mentre il crollo delle nascite ci ha portato a un inverno demografico che sta mettendo in pericolo la nostra stessa cultura. Ma chi fa figli è ottimista e crede che i figli siano il nostro futuro, il futuro stesso del nostro paese e delle nostre città. Per questo credo che portare avanti le necessità della famiglia significa portare avanti le esigenze di tutti.
1. Istituzione di un Assessorato per la Famiglia (distinto da quelle delle politiche sociali), o un delegato alla famiglia (per i comuni più piccoli),finalizzato all’adozione di politiche concrete a favore della famiglia, quali promozione della natalità, eliminazione delle iniquità, sostegno delle famiglie con figli, ecc. Con la riduzione dei costi della politica e con altri possibili introiti, si possono destinare i proventi, proprio verso le famiglie, tenendo conto dei parametri Isee (che si basano su redditi dell'anno precedente), si può creare un apposito fondo nel quale confluiranno appunto anche i soldi di questa razionalizzazione dei costi, da utilizzare per la suddetta finalità. Intervenire, per quanto un Comune può fare, a sostenere i figli che studiano con l'acquisto dei libri (a totale carico del Comune nel caso in famiglia non si possa più contare sul pieno reddito dei genitori) o con accordi con le banche per l'acquisto rateale, a tasso zero o agevolato, da parte di tutte le altre famiglie. Questo è solo un esempio, altri ne verranno con il contributo di tutti. Facilitazioni alle donne con figli (o in attesa) che devono essere sganciate dalle politiche sociali. In sostanza, che al di là dello “strumento” che potremo adottare, la famiglia, i giovani, la presenza femminile in ambiti familiari numerosi o con presenza di anziani non autosufficienti non rappresentano problemi sociali, ma opportunità e valori fondanti di una società. Per questo, si dovrà operare sul versante della “valorizzazione” e, certo, del sostegno e non sul piano della pura e semplice assistenza o del “problema da risolvere”. La famiglia, in tutte le sue componenti “anagrafiche”, è una risorsa. Non è un problema. Di conseguenza, sostenere la famiglia e i suoi figli, promuovere la natalità anche facilitando la vita di tante madri e di tanti padri. Piccole azioni concrete (permessi auto alle mamme con figli piccoli, punti sul territorio d'assistenza e accoglienza delle persone anziane non autosufficienti, occasioni di confronto e altro) non è assistere ma investire nel futuro.
2. Potenziamento della Family Card, una carta per dare agevolazioni alle Famiglie, in particolare se numerose, sia nei servizi pubblici che privati, nonché nel commercio.
3. Adozione dei correttivi all’addizionale IRPEF comunale, tramite un meccanismo di compensazione che consideri il numero dei componenti della famiglia, eliminando l’iniquità che ora caratterizza questa imposta.
4. Adozione di Tariffe pro-capite per l’acqua potabile (Servizio Idrico Integrato).
5. Applicazione delle Tariffe “alla francese”, che hanno le seguenti riduzioni:
- 30% per le famiglie con 3 figli
- 40% per le famiglie con 4 figli
- 50% per le famiglie con 5 figli
- 75% per le famiglie con 6 e più figli
Per i Nidi e le scuole dell’infanzia
Per le Mense Scolastiche
Per i Centri Estivi
Per gli altri servizi comunali
6. Riorganizzazione della Tariffa Rifiuti (TIA/TARSU), anche per perseguire criteri di sempre maggiore equità in rapporto al numero dei componenti della famiglia.


STAMPA

Premessa la limitazione della libertà di informazione a livello nazionale, che assume caratteri di vera e propria emergenza nell’ambito della provincia di Catania (ove i mezzi di informazione sono detenuti, per la maggior parte, da un unico editore) parte dell’attività del partito a livello locale sarà quella di sollecitare, anche attraverso incontri, dibattiti, interventi istituzionali, i problemi della stampa locale e della mancanza di pubblicità politica.
Saranno promossi dibattiti, incontri sul tema dell’informazione, dell’editoria, e dei nuovi mezzi di comunicazione, anche con l’intervento di giornalisti, editori, deputati e senatori esperti della materia, anche al fine di trovare o proporre soluzioni.
Si cercheranno contatti con tutte le piccole realtà editoriali locali, al fine di fornire supporto istituzionale e interventi anche a livello parlamentare
Si potranno organizzare con l’ausilio dei giovani del partito, incontri, sul tema dell’informazione, e corsi di giornalismo, di inchiesta , politico, sociale, con l’intervento di persone esperte della materia.


UNIVERSITA’

Il Dipartimento Università di Catania, in raccordo paritetico con gli altri Dipartimenti provinciali omologhi facenti parte del bacino di utenti dell’Ateneo, coordina la politica Universitaria del partito, ovvero le iniziative e le scadenze elettorali.

martedì 8 giugno 2010

Congresso Provinciale e Regionale e campagna per i 3Referendum - Convocazione riunione politico-organizzativa.



All'Organizzazione IDV della provincia di Catania

Oggetto: Congresso Provinciale e Regionale e campagna per i 3Referendum - Convocazione riunione politico-organizzativa.

Cari amici, come alcuni di voi sapranno già, è stata stabilita la data del 27 giugno 2010 per la celebrazione del Congresso Provinciale di Italia dei Valori, mentre quello Regionale si terrà il 18 settembre 2010. In tal senso, Vi invio in allegato il modulo per la candidatura dei Delegati al Congresso Regionale IDV, che per la provincia di Catania saranno nel numero di 190, invitandoVi ad individuare i delegati che potrebbero partecipare a tale Congresso ed a fare firmare a ciascuno di loro, assieme ad altri due tesserati, il modulo allegato alla presente. Tale modulo dovrà essere consegnato il giorno del Congresso Provinciale.
Purtroppo è oramai noto l'effetto deleterio provocato all'interno del nostro partito dal gruppo dirigente provinciale e regionale degli Unicobas scuola, ovvero dall'alleanza politica sancita con costoro dall'Avv. Silvio Di Napoli che li ha pubblicamente dichiarati una risorsa irrinunciabile per il futuro Coordinamento Provinciale (pur non avendo essi, ad oggi, consegnato nemmeno una firma per i tre Referendum e non avendo organizzato e/o condiviso alcun banchetto per la loro raccolta) e pur di fronte al fatto che lo Statuto di Unicobas scuola prevede l'assoluta incompatibilità tra incarico sindacale ed incarichi di partito. A seguito del permanere di tale, ostinata, posizione dell'Avv. Di Napoli, Vi comunico che non sarà possibile condividere la mozione congressuale unica che doveva essere presentata dallo stesso e pertanto Vi confermo la scelta di presentare una mozione alternativa. Una mozione che dovrà essere quanto più condivisa possibile e che dovrà rappresentare i valori e la concretezza di quanti sinceramente credono nel nostro partito e intendono continuare a spendere, con trasparenza ed entusiasmo, tempo ed energie per farlo crescere.
Per quanto sopra, Vi invito a partecipare alla riunione politico-organizzativa convocata per mercoledì 9 giugno 2010 alle ore 19,30 presso la sede provinciale in Via Giacomo Leopardi n.119 a Catania. In quella sede potremmo confrontarci su una bozza di Mozione Congressuale attualmente in corso di stesura e che sarà aperta al contributo di tutti, nonché sulla composizione del futuro Coordinamento Provinciale che, Vi anticipo, dovrà essere rappresentativo di tutte le realtà territoriali, nonché delle competenze e capacità politiche e/o organizzative già dimostrate.

Ovviamente, la riunione servirà anche per fare il punto e organizzare il prosieguo della raccolta firme per i 3Referendum che dovrà vederci ancor di più attivi protagonisti per raggiungere l'obiettivo delle ottomila firme.

Vi aspetto puntuali e determinati.


Cordiali saluti

Michele Barbagallo
(Responsabile Organizzativo Provinciale IDV-Catania)
Cell. 3478775368





P.S.: vedi il Regolamento dei Congressi Territoriali IDV

lunedì 17 maggio 2010

giovedì 4 febbraio 2010

Congresso Nazionale IDV



Largo ai giovani, alle donne e alla società civile e pieno ed incondizionato sostegno al Presidente Antonio Di Pietro.

MOZIONE CONGRESSUALE DI ANTONIO DI PIETRO PER LA SUA CANDIDATURA A PRESIDENTE DI ITALIA DEI VALORI: http://italiadeivalori.antoniodipietro.com/congresso/documenti/DIPIETRO.PDF

-------------------------------------------------------------------

Congresso Nazionale Italia dei Valori
L’alternativa per una nuova Italia
Roma 5-6-7 febbraio 2010

1 – LA NOSTRA STORIA:
Carissime e carissimi delegati,
Benvenuti. Benvenuti a Voi ed a tutti coloro che sono qui: ospiti, amici, personalità
e osservatori.
Benvenuti anche a tutti Voi che ci ascoltate e partecipate attraverso la Rete.
Eccoci qui! Finalmente il nostro sogno si avvera.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel non lontano 2001, quando rifondammo
l’Italia dei Valori ed iniziammo la nostra meravigliosa - e faticosa - attività politica.
Allora ed ora, il nostro obiettivo strategico era e resta il “ricambio generazionale
della classe dirigente”, convinti come eravamo e come siamo che – dopo la caduta
del muro di Berlino – non abbia più molto senso fossilizzarsi su vecchi e
consumati schemi ideologici del passato del tipo: “comunisti ed anticomunisti”.
La realtà moderna - con le sue invasive globalizzazioni ed i nuovi bisogni
emergenti – impone un approccio diverso nella gestione della cosa pubblica, meno
condizionata dalle ideologie del passato e più attenta all’efficienza dei risultati ed
alla trasparenza dei comportamenti.
E’ questa la ragione per cui noi di IDV abbiamo messo al primo posto la questione
morale: non per ossessione nichilista né per furore giustizialista, ma
semplicemente perché ci siamo resi conto, prima e più di tutti, che - per ridare
slancio alla politica come servizio e per far tornare la fiducia dei cittadini verso
coloro che svolgono funzioni pubbliche – è necessario ripartire da alcuni “valori”
fondamentali, quelli su cui si fonda la nostra carta costituzionale: l’uguaglianza di
tutti di fronte alla legge ed il rispetto assoluto della legge e delle regole del gioco.
Solo così possiamo sperare che a tutti siano riservate le stesse chance di
successo e le stesse pari opportunità. Solo così i cittadini possono dare fiducia a
chi li rappresenta e governa a tutti i livelli: sapendo, cioè, che chi sta al timone,
cerca di portare tutti in porto e non solo i più furbi, i più spregiudicati (ed a volte
addirittura solo se stessi ed il proprio clan).
E’ questa la ragione sociale per cui è nata IDV e per questo scopo abbiamo
lavorato in tutti questi anni come formichine e l’obiettivo – se pure non l’abbiamo
ancora raggiunto – comunque non l’abbiamo lasciato morire nella coscienza degli
italiani.
Immaginate, infatti per un solo attimo, cosa sarebbe successo nel nostro paese se
non ci fosse stata IDV in tutti questi anni a ricordare e rilanciare la “questione
morale”.
Avremmo avuto un paese in cui la martellante disinformazione di regime avrebbe
fatto credere a tutti che la colpa del fallimento politico, economico e sociale della
Prima Repubblica sia stata dei magistrati che hanno scoperto il malaffare e non di
chi l’ha commesso o provocato.
Avremmo avuto un paese in cui ben pochi avrebbero potuto avere cognizione del
grave conflitto di interessi che avvolge chi attualmente governa il paese.
Avremmo avuto un paese rassegnato alla sudditanza verso un nuovo “regime di
ritorno”, fatto di disinformazione, interessi personali, controllo totale dei media,
denigrazione e dileggio dell’avversario, dossieraggio contro le persone scomode,
killeraggio contro le menti libere.
Avremmo avuto un paese rassegnato ai nuovi monopolisti della finanza e del
sistema imprenditoriale corrotto, con la totale mortificazione dei principi liberali
delle moderne economia.
Insomma, abbiamo fatto proprio ciò che l’urgenza e l’emergenza ci imponevano di
fare: resistere, resistere, resistere!
E per fare ciò ci siamo strutturati per la bisogna: mettendo in campo un partitomovimento
in grado di parlare al cuore profondo degli italiani e di agire con
determinazione, dinamismo ed autorità. Caratteristiche,queste, che alcuni ci
hanno pure rimproverato, accusandoci di leaderismo e personalismi esasperati
ma omettendo di considerare che quando si deve difendere il “fronte della
democrazia” c’è bisogno proprio di chiarezza dei comportamenti e decisionismo
dell’azione” e non di mammolette che discutono, discutono, discutono mentre
Sagunto viene espugnata.
Ora che le macerie in cui è stata ridotto il nostro paese stanno lì a dimostrare che
bisogna già pensare a come ricostruire la città bruciata, dobbiamo pensare a
come organizzarci per passare dalla fase dell’opposizione a quella dell’alternativa.
Sì, lo so, la città sta ancora bruciando ed il Nerone dei tempi nostri sta ancor di più
infiammandola con una proliferazione infinita di leggi ad personam, umiliazione ed
emarginazione continua dei meno fortunati, sterminio mediatico degli oppositori
(con annesso invito a partecipare al banchetto del partito dell’amore, allo stesso
modo con cui lo stupratore chiede alla vergine, dopo averla stuprata, se le vuole
bene).
Dobbiamo quindi attrezzarci al più presto per affrontare la fase della
ricostruzione, proprio per non farci trovare impreparati quando l’era tribale del
Governo Berlusconi terminerà (e la mia stella polare mi dice che sarà a breve).
Ecco, quindi, la ragione vera e profonda di questo Congresso Nazionale dell’Italia
dei Valori: porre le basi affinché quello che finora è stato soprattutto un
“movimento di opinione” guidato dal suo fondatore diventi un “partito d’azione” in
cui trovino vita, cittadinanza, agibilità, spazi di dialettica democratica e
partecipazione politica tutti coloro che si riconoscono nei valori e nei principi
fondamentali della nostra Costituzione, di cui vogliamo continuare ad essere
strenui difensori.
Le basi, questa volta, dobbiamo porle assieme appunto partendo dalla “base”
(scusate il bisticcio di parole).
E la “base” per IDV non può essere altro che “l’insieme delle persone che si
riconoscono nel partito e ci mettono la faccia”. Dico questo – e lo ribadisco –
perché molto spesso ci arrivano consigli e critiche da chi sa solo interferire con
quello che fanno gli altri senza mai impegnarsi in prima persona. Le critiche del
giorno dopo – ha ricordato Hillary Clinton a Bertolaso – sono come quelle degli
spettatori sugli spalti che vogliono spiegare ai giocatori in campo cosa devono
fare, senza averne la competenza ed il coraggio di farlo loro.
La “base”, d’altro canto, non può nemmeno pensare di rimanere un maso chiuso
in cui poche persone pretendono di far vivere il partito in una specie di “riserva
indiana”, inaccessibile a chiunque altro si avvicini solo perché - in tempi passati e
per un insieme di circostanze (spesso nobili, a volte occasionali e fortuite) – si
sono ritrovate a rappresentare e gestire finora IDV nel territorio.
E’ questa la ragione per cui abbiamo dato vita al “tesseramento” al partito, aperto
a tutti quelli che ci stanno (vecchi e nuovi arrivi, tutti insieme, senza
discriminazioni né prevaricazioni) a cui sono seguite capillari assemblee
provinciali e regionali in tutta Italia, che hanno permesso oggi a tutti voi – oltre
3700 delegati, ognuno scelto dalla propria “base” – di essere qui per decidere su
tre questioni vitali per il futuro del partito:
1 - approvare il programma politico su cui si dovrà basare la nostra azione
politica;
2 - stabilire il recinto delle alleanze entro cui questa azione politica potrà essere
svolta;
3 - indicare chi dovrà guidare la squadra verso la nuova alternativa di governo;
Il Congresso IDV 2010 rappresenta dunque per noi un passaggio epocale per il
nostro futuro politico ed esistenziale.
Dobbiamo democratizzare le nostre strutture e la nostra organizzazione a tutti i
livelli, ripartendo proprio dalla “base” (cioè dall’insieme degli iscritti al partito).
Per questo abbiamo previsto e scadenzato anche la realizzazione dei Congressi
territoriali (regionali, provinciali e – laddove ce ne sono le condizioni numeriche e
qualitative- anche cittadini).
Essi potranno iniziare subito dopo le elezioni regionali del prossimo mese di
marzo. e dovranno concludersi ad ogni livello entro il mese di settembre del
corrente anno.
Hanno titolo a partecipare ai Congressi territoriali coloro che – entro la data delle
elezioni regionali (29 marzo 2010) – hanno regolarizzato la loro iscrizione al partito
per l’anno 2010.
Le iscrizioni sono certificate anche dalle vigenti strutture regionali di IDV ma – per
evitare ostruzionismi o incomprensioni - è prevista la possibilità per chiunque di
richiedere l’iscrizione direttamente alla sede nazionale IDV di Roma (che, a sua
volta le vaglia unitamente alle strutture territoriali per la valutazione di eventuali e
motivate incompatibilità). Ricordo che le iscrizioni al partito, per essere
considerate tali, devono essere accettate dalle competenti strutture territoriali.
Al fine di dare maggiore garanzia d’indipendenza, IDV si impegna – in occasione
dei Congressi in questione – a meglio democratizzare la scelta dei componenti dei
vari Collegi regionali di Garanzia (ed anche del Collegio Nazionale).
Grande ruolo IDV intende attribuire anche ai Dipartimenti tematici, alcuni dei quali
(Economia, Lavoro, Ambiente) sono già stati costituiti con grande soddisfazione di
tutti noi per l’impegno ed i risultati già raggiunti).
Infine la questione delle “Pari opportunità” e del “Giovani IDV”.
Non siamo ancora in regola - diciamocelo francamente - con gli standard minimi
che si richiede ad un partito politico che, come il nostro, fa della legalità
costituzionale il suo punto di riferimento. Dobbiamo impegnarci di più affinché
anche alle donne ed ai giovani che si avvicinano al nostro partito siano assicurate
pari opportunità di svolgere attività politica come per gli uomini.
Anche per questa ragione, abbiamo deciso che oggi il Congresso nazionale possa
eleggere la “Coordinatrice nazionale del Dipartimento Donne IDV” a cui
seguiranno le elezioni delle “Coordinatrici regionali e provinciali” in occasione dei
vari Congressi territoriali.
Allo stesso modo ci comporteremo con riferimento a tutti quei giovani con età
inferiore ai 35 anni che si sono iscritti al partito e che oggi al Congresso potranno
eleggere il loro “Coordinatore nazionale Giovani IDV”.
IDV si impegna a riconoscere, anche in sede di competizione elettorale, adeguato
spazio ai giovani ed alle donne IDV, non solo con riferimento alle candidature (che,
come noto, per queste categorie sono più difficili da affrontare) ma in termini
concreti di agibilità politica ed istituzionale. E ciò dobbiamo e vogliamo farlo già a
partire dalle elezioni regionali e amministrative di marzo prossimo.
Il partito si è dotato di un proprio codice etico per garantire trasparenza,
correttezza e lealtà che gli iscritti al partito assumono nei confronti della
collettività e delle istituzioni elettive e governative a tutti i livelli.
In particolare, IDV si impegna a non presentare come candidati ad alcun tipo di
elezioni coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei
comizi elettorali, sia iniziata l’azione penale per delitti di particolare gravità con la
richiesta di rinvio a giudizio ovvero che si trovino in stato di latitanza o di
esecuzione di pene detentive, o che siano stati condannati con sentenza definitiva.
La stessa disciplina si applica a tutti gli incarichi, di nomina o designazione
politica, ricoperti in enti pubblici o a partecipazione pubblica.
Dobbiamo altresì impegnarci per evitare la duplicazione di cariche ed incarichi.
Stiamo assistendo in questi ultimi tempi a ministri ed esponenti di governo che
fanno pure i sindaci e presidenti di provincia.
Noi – per poter meglio contrastare tale malcostume - dobbiamo dare il buon
esempio evitando che al nostro interno ci siano eletti in plurime assemblee e con
plurimi incarichi (e ciò anche per dare ad altri volenterosi la possibilità di
impegnarsi in politica).
2 – IL NOSTRO FUTURO:
Il nostro futuro comincia oggi. E comincia con un rinnovato gesto di responsabilità
ed umiltà. Italia dei Valori non può e non deve essere un punto di arrivo della
nostra azione politica ma solo un passaggio intermedio. Mi spiego meglio, anche
se so che alcuni di voi – per troppo affetto ad una creatura che hanno contribuito a
far germogliare, innaffiare e far crescere tutti i giorni - ne rimarranno frastornati.
Dobbiamo già da oggi pensare a come evolvere domani perché è inimmaginabile
che negli anni a venire si possa continuare a fare politica sotto la coperta di un
partito che porta nel proprio simbolo il nome di una persona sola, anche se quel
nome è il mio che ne sono stato il fondatore.
Sono orgoglioso per essere stato il padre di quel che oggi è un giovane e virgulto
partito ma oggi – da buon padre previdente – mi devo e voglio preoccupare di
creare le condizioni affinché Italia dei Valori abbia nel futuro le energie necessarie
per camminare con le proprie gambe, con la propria classe dirigente e le proprie
responsabilità.
Dobbiamo, allora, già da oggi mettere sul conto la necessità di un gesto che indichi
il nostro impegno ed il nostro percorso: togliere appena possibile dal simbolo il
mio nome e programmare il turn-over della nostra classe dirigente a tutti i livelli,
compreso il mio!
Tranquilli, non ho intenzione di attaccare le scarpe al chiodo. Anzi, come prima e
più di prima ora e sempre sono e sarò con Voi. Insieme studieremo tempi e modi
per questa inevitabile evoluzione ma dobbiamo già in questo Congresso
deliberarne le tappe.
Insomma, se vogliamo lasciare qualcosa dopo di noi, dobbiamo pensare in grande.
Anzi dobbiamo pensare già da ora ad un partito ancora più grande di quel che è
attualmente Italia dei Valori.
Un partito in grado raccogliere non solo coloro che si riconoscono già oggi in noi e
nella nostra storia attuale ma che sappia essere punto di riferimento per una più
vasta popolazione di cittadinanza attiva, fatta di persone che vogliono un partito
moderno e riformatore in grado di costituire nel suo insieme una valida alternativa
al modello di governo delle destre.
Dobbiamo capire e far capire che – anche se non ci fosse l’attuale Governo
Berlusconi - noi staremmo comunque dalla parte opposta del modello
conservatore e destrorso a cui quel modello di governo fa riferimento e ciò perché
stiamo dalla parte di tutti gli individui e non solo a favore delle lobby e delle caste
(economiche, finanziarie, politiche) che stanno occupando le istituzioni.
Sì, ribadiamolo, noi crediamo nel modello bipolare del governo della cosa pubblica
(una coalizione governa e l’altra fa una chiara e robusta opposizione) ed in questo
bipolarismo ci collochiamo nell’area riformista e liberale europea, ben
rappresentata (anche da noi) sia al Parlamento europeo nel “Gruppo ALDE” sia nel
partito europeo dell’ELDR (Liberali, Democratici e Repubblicani Europei), di cui
siamo apprezzati partner.
Il nostro programma politico parte da una constatazione di fatto: sviluppo
economico, occupazione, lavoro, sicurezza e solidarietà, tutela del territorio e
difesa dell’ambiente, giustizia sociale, sono questi i principali temi che chi – come
noi – vuole proporsi come alternativa di governo deve mettere al primo posto.
E di questi problemi vogliamo occuparci e ci occuperemo, perché anche noi siamo
stanchi – come lo sono milioni di italiani – di sopportare che tutti i giorni
Congresso Nazionale Italia dei Valori
Parlamento e Governo si occupano solo degli interessi corporativi di pochi e quasi
mai dei bisogni della parte più debole e più numerosa del paese.
3 – RILANCIARE L’ECONOMIA REALE DEL PAESE:
Il programma di governo che proponiamo mette al primo posto in rilancio
dell’economia reale del paese.
L’Italia - checché ne dica il nostro Presidente del Consiglio - si colloca tra i Paesi
più colpiti dalla crisi e le tante aziende che chiudono quotidianamente i battenti o
le schiere di lavoratori che vengono licenziati o messi in cassa integrazione stanno
lì a dimostrarlo.
Il guaio è che le difficoltà del nostro Paese non sono legate solo alla recente crisi
mondiale ma hanno natura strutturale. Da circa venti anni infatti l’economia soffre
di un progressivo declino economico e sociale.
Nell’esperienza italiana la proprietà pubblica e la gestione pubblica di attività di
mercato ha portato a sprechi, inefficienze, fenomeni di corruzione diffusa,
proliferazione di burocrazie lottizzate. È difficile pensare che un ritorno a quel
modello possa oggi rappresentare un miglioramento rispetto alla situazione
corrente.
Le difficoltà strutturali dell’economia italiana sono legate anche all’illusione degli
anni ’80. In quel decennio si diffuse in Italia la favola del “nuovo rinascimento”,
della “Milano da bere”, delle “magnifiche sorti” legate a certo modo di fare
economia incestuosamente compromessa con la politica. Furono anni di
corruzione diffusa e di grande e spregiudicato uso della spesa pubblica. In quel
decennio, dominato dal Pentapartito di Andreotti, Forlani e Craxi il debito pubblico
italiano raddoppiò, il disavanzo annuale arrivò a livelli del 12 per cento. Un fiume
di denari pubblici che non venne investito per rafforzare la capacità di sviluppo di
lungo termine dell’Italia (infrastrutture, scuole, ricerca, innovazione, sanità) ma
che invece fu sperperato in mille rivoli, per arricchire mille faccendieri e mille
imprenditori disonesti, migliaia di politicanti e per creare una vera giungla di
privilegi e ingiustizie. Quel decennio fu un periodo di crescita, ma in buona parte
“drogata” dalla spesa pubblica. Ne pagammo le conseguenze nel 1992 quando
arrivò la crisi valutaria e ci avvicinammo pericolosamente alla crisi finanziaria.
Il berlusconismo come movimento politico nasce dall’idea che l’Italia “migliore”
sia quella degli anni ’80. Berlusconi in effetti si afferma come imprenditore legato
alla politica proprio in quel decennio e grazie alla sua vicinanza con il Pentapartito
ottiene prima il “Decreto Berlusconi” che gli consente di operare su scala
nazionale nel settore televisivo e poi nel 1990 la famosa Legge Mammì che
suggella la posizione di duopolio televisivo tra Rai e Berlusconi.
L’ideologia berlusconiana si fonda quindi su una visione della politica che è tutta
funzionale agli interessi privati del proprietario di Mediaset e che in generale
pensa che non sia necessario fare i conti con le debolezze strutturali della società
italiana.
Berlusconi, al pari del Pentapartito degli anni ’80, si fa portatore di nuove favole.
L’Italia non ha problemi strutturali, si tratta solo di lasciare liberi i privati di fare
quello che vogliono. Tesi che solo in apparenza ha sapore liberale. Il liberalismo è
fatto di regole: regole circa i limiti dell’azione del pubblico ma anche di doveri per i
privati. Certezza del diritto, tutela della concorrenza, lotta alla corruzione, lotta al
crimine (soprattutto alle mafie), finanza pubblica risanata, stampa indipendente e
così via.
Il berlusconismo invece è un’ideologia volta a ridisegnare le regole combattendo i
poteri intermedi come l’autonomia della magistratura, la stampa indipendente, la
corte costituzionale e così via. La direzione è quella di fondare l’azione del governo
su un presunto rapporto diretto tra Capo del governo e popolo. Si tratta di un
disegno di puro stampo populista e molto pericoloso.
In verità non c’è un programma organico che rappresenti davvero il progetto
economico e sociale del berlusconismo: si usano slogan come “meno tasse”, più
libertà d’impresa e così via ma la forza elettorale che Berlusconi ha raccolto alle
ultime elezioni non è stata e non è utilizzata per risanare l’economia o la società
italiana ma bensì per tenere tutto immutato e consentire allo stesso tempo una
migliore tutela degli interessi personali del Tycoon televisivo.
Il centro-destra ha ottenuto il consenso di vari tipi di elettorato: una parte dei ceti
produttivi soprattutto al Centro-Nord hanno interpretato il berlusconismo come
una versione italiana del “thatcherismo”: ripristino del mercato e del merito come
strumenti di sviluppo, minore presenza dello Stato, meno tasse e così via. Un’altra
parte dell’elettorato invece è quello che prospera sul mancato rispetto delle
regole: evasori fiscali, evasori contributivi, coloro che non rispettano le regole
ambientali, che costruiscono abusivamente gli edifici, coloro che in generale
pensano che le regole non vanno rispettate. A queste due categorie si aggiunge un
forte consenso tra i grandi consumatori di televisione commerciale: le casalinghe,
i giovani, parte dei pensionati. Il primo gruppo di elettori è quello che è stato più
ingannato dal centro-destra. Berlusconi non è e non sarà mai la Thatcher italiana.
La Thatcher aveva un chiaro disegno conservatore incentrato su “lacrime e
sangue” e certo aveva capacità di sostenere l’impopolarità di breve termine per
raggiungere obiettivi di medio termine: privatizzazioni, liberalizzazioni, lotta allo
strapotere dei sindacati britannici nel pubblico impiego etc. Berlusconi è assai
lontano da un simile disegno politico. E’ troppo coinvolto da questioni personali e
troppo ossessionato dal bisogno di piacere e di essere popolare per poter avviare
riforme strutturali assai costose in termini di popolarità di breve termine.
Un progetto di centro-sinistra che voglia però rimettere in piedi l’economia
italiana deve saper dialogare con quella parte dei ceti produttivi che è stata
sedotta dal presunto thatcherismo di Berlusconi.
La situazione italiane assomiglia in effetti per molti aspetti a quella del Regno
Unito di fine anni ’70 e serve un chiaro e coraggioso progetto di cambiamento, non
di stampo conservatore ma progressista.
In questi due anni di governo nulla si è fatto per riformare il mercato del lavoro,
per creare nuovi sistemi di protezione sociale, per accrescere la concorrenza nei
settori nei quali è scarsa, per tutelare i cittadini consumatori, per ridurre la spesa
pubblica corrente, per ridurre il debito pubblico, per combattere la povertà diffusa,
per accrescere la capacità innovativa del sistema, per migliorare le infrastrutture,
per favorire la crescita dimensionale delle piccole imprese, per favorire lo
sviluppo del Mezzogiorno, per attirare maggiori investimenti diretti dall’estero, per
ristrutturare settori fondamentali come il turismo e l’agro-alimentare.
La favola (tremontiana) è che l’Italia è sana, e semmai è tutta colpa della Cina e
della globalizzazione, quasi che sia immaginabile uno scenario di stampo
“autarchico” : un’Italietta separata dai mercati mondiali.
Per questo oggi in Italia è quanto mai urgente una vera rivoluzione liberale. Il
mercato è lo strumento più potente che abbiamo per combattere il berlusconismo.
Lo Stato deve ridisegnare le regole in modo tale da far funzionare i mercati nel
modo più efficiente.
Ma è chiaro che lì dove il mercato mostri delle insufficienze non si può esitare,
bisogna avere il coraggio di intervenire e di portare avanti nuovi progetti. Non si
può accettare d’altro lato che le privatizzazioni rappresentino non un’occasione di
miglioramento nella fornitura di servizi e prodotti, ma un modo per distribuire
rendite a soggetti privati. Se questo è il caso, vanno ripensate le politiche di
regolazione per rafforzare i controlli, ridurre le rendite, distribuire alla collettività
parte dei benefici sotto forma di prezzi più bassi e qualità più elevata.
Siamo liberali ma non schiavi di ideologie liberiste ad ogni costo. Ci sono settori
nei quali serve una forte azione di policy pubblica è questo innanzitutto il caso
della protezione sociale, della lotta alla povertà, dell’identificazione e della
soluzione dei problemi legati all’invecchiamento della popolazione.
La malattia che affligge l’economia italiana è la scarsa produttività rispetto agli
altri paese industrializzati. L’Italia cresce troppo poco, da troppo tempo e di
conseguenza gli italiani sono diventati più poveri rispetto agli cittadini dei Paesi
UE.
IDV vuole impegnarsi per un vasto, articolato e ambizioso Piano per la crescita.
Per questa ragione, ribadiamo la nostra opzione a favore della “politica del fare”
(che già abbiamo sperimentato con successo al Ministero delle Infrastrutture
durante il Governo Prodi) abbandonando la “politica delle parole” (di cui in questi
anni Berlusconi e Tremonti sono stati campioni). Per tornare a crescere serve
naturalmente anche un serio piano di risanamento della finanza pubblica che fissi
degli obiettivi credibili di riduzione del deficit per un abbattimento progressivo del
debito pubblico. Serve coraggio per agire sulla spesa pubblica, ma servono
persone oneste, competenti, credibili per una politica economica di sviluppo e di
risanamento.
4 – SNELLIRE E AMMODERNARE LA BUROCRAZIA:
Per poter permettere al sistema imprenditoriale sano di poter “fare”, bisogna
innanzitutto intervenire sulla Burocrazia.
Riformare la Pubblica amministrazione è la sfida più grande a cui noi di IDV –
proprio per il nostro DNA fatto di legalità ed efficienza – non possiamo sottrarci.
L'Italia vive una gravissima crisi di affidabilità del sistema politico-istituzionale. Il
tutto si estrinseca in costi rilevanti, sia pubblici che privati, e in rallentamenti dei
processi economici e gestionali.
Secondo il World Economic Forum, l'Italia è al 113° posto per efficienza della
burocrazia su 117 paesi a economia di mercato presi in esame. Siamo di fatto
all'ultimo posto. Il dato è confermato dall'indagine di un autorevole quotidiano
italiano che stima in 30 minuti quotidiani il tempo necessario a ogni cittadino per
espletare procedure amministrative per un totale di 180 ore all'anno. Le quali
diventano 360, il doppio nel caso si sia immigrati. Nelle pieghe di una burocrazia
così complessa si apre un terreno fertile non solo per appesantire l'economia e la
società del paese, ma anche per incoraggiare clientelismo e perfino corruzione.
L'Italia dei Valori si batte per un sistema di regole chiare, facili da capire e anche
per questo, più facili da rispettare e da far rispettare. Ci troviamo di fronte a una
vera e propria anomalia italiana rispetto al resto dell'Europa.
Per questo Italia dei Valori vuole imprimere una traiettoria diversa da quella
seguita in passato sia dal legislatore che dalla Pubblica Amministrazione affinché
si sviluppi una mentalità nuova, volta a soddisfare i bisogni e le esigenze dei
cittadini.
Italia dei Valori guarda alla razionalizzazione del sistema amministrativo, alla
rideterminazione dei livelli burocratici della pubblica amministrazione e al
riordinamento del sistema delle autonomie locali partendo dall'abolizione delle
province, delle comunità montane e dall'accorpamento delle funzioni
amministrative nei comuni con popolazione inferiore ai 2000 abitanti.
Italia dei Valori si pone in lotta alla burocrazia e ai tempi burocratici per
risparmiare sulla spesa pubblica e destinare risorse cospicue per lo sviluppo del
Paese.
La valorizzazione del merito deve interessare primariamente il servizio pubblico.
E’necessario riformare i criteri di reclutamento e quelli di avanzamento di carriera
nella Pubblica Amministrazione, privilegiando il merito rispetto all’anzianità
lavorativa e provvedere re ad una riorganizzazione del sistema che snellisca le
procedure e valorizzi le competenze.
Bisogna abbandonare le politiche di promozione e di retribuzione standardizzate e
introdurre percorsi di crescita personalizzati, con valutazioni periodiche
individualizzate e avanzamenti legati ai livelli di produttività.
Si deve favorire l’informatizzazione dei processi interni alla pubblica
amministrazione, provvedendo ad un’adeguata formazione del personale, e allo
stesso tempo lavorare all’informatizzazione di un maggior numero di servizi
destinati al pubblico. L’informatizzazione dovrebbe mirare non solo ad un
alleggerimento del carico lavorativo degli uffici pubblici, ma anche a potenziare
l’interazione fra organismi pubblici e cittadini sia per una maggiore celerità che
trasparenza.
In particolare, per rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione,
proponiamo:
- Introduzione di forme di misurazione dell’output delle Pubbliche
Amministrazioni che tengano conto degli aspetti quantitativi (numero di
giorni utilizzati per rilasciare un’autorizzazione; numero di interventi di
appendicite realizzati in un certo arco di tempo in un dato ospedale, etc.)
ma anche qualitativi (che tengano conto ad esempio della valutazione da
parte degli utenti);
- Introduzione accelerata di sistemi di controllo di gestione nelle Pubbliche
amministrazioni;
- Introduzione di un sistema di valutazione della produttività che non può
riguardare solo i singoli dipendenti
- Inserire criteri meritocratici che tengano conto della produttività
- Valutazione comparata delle performance delle varie Pubbliche
amministrazioni (confronti tra ospedali; confronti tra uffici comunali etc.)
cosiddetto benchmarking utile per identificare dei parametri di riferimento
- Aumentare il grado di responsabilità dei dirigenti sui risultati raggiunti dalle
unità da loro dirette
- Snellire la burocrazia amministrativa
- Prevedere forme di premio per i migliori
- Va considerata la possibilità di utilizzare agenzie esterne di valutazione
dell’efficienza delle varie amministrazioni pubbliche
Un altro elemento di freno dell’economia italiana è la scarsa concorrenza in molti
comparti. Il mercato è uno strumento formidabile per assicurare crescita e
benessere, ma deve essere un mercato regolato e orientato alla effettiva libera
concorrenza (contrastando i nuovi monopoli ed oligopoli delle multinazionali).
Occorre individuare le aree più critiche e in maggiore ritardo sulle quali
concentrare le energie per una ripresa del processo di crescita del mercato, di
rilancio competitivo, di tutela del consumatore: i servizi locali, in particolare quelli
forniti in ambito urbano e metropolitano, la distribuzione commerciale al dettaglio,
l’organizzazione di forme di tutela collettiva e di rappresentanza dei
consumatori/utenti.
5 – RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE SOCIALI:
Un altro settore ancora su cui vogliamo intervenire è il sistema sociale italiano
che, nel suo insieme, produce forti disuguaglianze e disparità di trattamento.
L’Italia è un Paese a bassa crescita economica, nel quale permane un grave
problema di povertà, soprattutto nelle regioni meridionali, ed è nel complesso un
Paese iniquo.
La nostra scarsa crescita si è tradotta in un aggravamento delle condizioni sociali
delle famiglie italiane. Secondo l’Istat la percentuale di famiglie in condizioni di
povertà relativa è pari all’11,3% del totale (2.737.000 famiglie), equivalente a oltre
8 milioni di persone povere. Nel Mezzogiorno la percentuale di famiglie al di sotto
della soglia di povertà è pari al 23,8% del totale delle famiglie residenti, con
un’incidenza della povertà che è quasi cinque volte superiore al resto del Paese.
Tra il 2005 e il 2007 è aumentata significativamente l’incidenza della povertà
assoluta soprattutto tra le famiglie con tre o più figli minori. Inoltre circa un quinto
delle famiglie che non hanno reddito da lavoro né reddito derivante da una
precedente attività lavorativa risulta in uno stato di povertà assoluta.
L’ineguale distribuzione del reddito e della ricchezza si associa a una squilibrata
distribuzione delle opportunità di vita.
Sono molteplici gli elementi che segnano un divario di opportunità. Si pensi al
divario tra i giovani lavoratori sostanzialmente privi di tutele sul mercato del
lavoro e costretti per anni a passare da un contratto atipico ad un altro con
remunerazioni significativamente inferiori rispetto a chi ha un impiego a tempo
indeterminato. Si pensi ai divari retributivi tra donne e uomini, che persistono
durante l’intera carriera lavorativa; si pensi alla scarsa diffusione dei servizi di
sostegno alla maternità e all’infanzia che riducono le possibilità di accesso al
mercato del lavoro per le donne e ne peggiorano le possibilità di crescita
professionale all’interno delle imprese e delle organizzazioni pubbliche. Si pensi
alle tante professioni protette da barriere all’entrata imposte e difese da ordini
professionali e che nei fatti riducono la concorrenza e riducono le occasioni per i
giovani. Si pensi ai divari di reddito legati all’evasione fiscale: vi è chi
sistematicamente riesce a evadere le tasse e chi invece fa il suo dovere. Si pensi ai
divari nella dotazione d’infrastrutture: strade, ferrovie, reti telematiche,
infrastrutture ambientali. Si pensi ai divari di opportunità tra chi vive nelle regioni
meridionali e chi vive nelle altre regioni del Paese, esacerbati da intollerabili
disparità nelle condizioni di sicurezza e d’incolumità personale, frutto di un
radicamento endemico della criminalità organizzata e dell’illegalità in alcune
aree. Si pensi ai divari territoriali nella qualità dei servizi pubblici: non solo sanità
ed istruzione in primo luogo, ma anche servizi locali come acqua, trasporti,
smaltimento dei rifiuti, addirittura fornitura di energia elettrica, dove nonostante
un’opera meritoria di miglioramento e perequazione della qualità del servizio
promossa dall’Autorità di settore, permangono ancora differenze sensibili
nell’affidabilità della fornitura fra Nord e Sud del Paese, fra aree urbane ed aree
rurali.
6 – MAGGIORE EQUITA’ FISCALE:
Per ristabilire un po’ di uguaglianza effettiva fra tutte le parti sociali bisogna – a nostro avviso – partire da un nuovo patto fiscale.
La pressione fiscale in Italia va sicuramente ridotta. Ma va ripensato il patto
fiscale avendo presente che le diseguaglianze nel nostro Paese sono arrivate a
livelli esagerati. C’è un grave problema di equità e la fiscalità deve affrontarla.
E’ sensato che in un paese con fortissime diseguaglianze di reddito e di ricchezza
il carico fiscale sia tutto a carico dei redditi e dei consumi? Una sinistra liberale e
riformatrice deve avere il coraggio di porre al centro del dibattito una seria
riforma fiscale che ripristini un principio di progressività, che sappia aiutare le
famiglie più povere e disagiate, che colpisca le rendite parassitarie. Vanno
ripristinate forme di tassazione dei grandi patrimoni, forme di tassazione che
sappiano individuare i consumi opulenti di chi ad esempio evade le tasse.
IDV si impegna per una lotta all’evasione senza compromessi per ridurre le tasse
e per redistribuire ricchezza.
7 – RICONOSCERE IL MERITO E CONTRASTARE LE CASTE:
In Italia, un ostacolo alla crescita economica è costituito dallo scarso
riconoscimento del merito e dalla presenza di caste ed oligarchie.
La sensazione è quella di vivere in un sistema semi-feudale ancora incentrato sui
legami personali di fedeltà e di gratitudine, sulle troppe arci-confraternite (come
diceva Guido Carli) che più o meno palesemente controllano il potere economico e
sociale, favoriscono o ostacolano i percorsi di carriera.
Le vicende recenti legate alle cosiddette “veline in politica” sono un segno
dell’intollerabile scarso peso che hanno le competenze per l’accesso alle posizioni
politiche e professionali. Troppo scarso è ruolo della meritocrazia. Un sistema
scolastico che non è capace di selezionare i migliori è un sistema profondamente
iniquo. Se non è la scuola a selezionare finiscono per prevalere le
raccomandazioni, il ceto sociale, i legami personali, il favore, la corruzione.
Lo stato dei conti pubblici, il livello del debito, l’inefficienza e il
sovradimensionamento della Pubblica Amministrazione e dei suoi livelli di
governo territoriali, impongono interventi strutturali verso un riequilibrio del
deficit e della pressione fiscale ed un miglioramento della qualità della spesa.
In termini quantitativi gli obiettivi che ci si deve porre nelle politiche di bilancio a
grandi linee sono: il mantenimento dell’impegno ad una riduzione della pressione
fiscale, compatibile con un sentiero di riduzione del deficit concordato in sede UE;
è necessario dunque, oltre ad una politica di recupero dell’evasione e di
allargamento della base imponibile, una riduzione strutturale della spesa corrente
che consenta anche di mantenere e possibilmente aumentare marginalmente la
quota di spesa destinata agli investimenti e al riequilibrio infrastrutturale del
Paese e le risorse per il welfare.
Per dare stimolo all’economia e sollievo alle famiglie è necessario inoltre ridurre la
pressione fiscale di almeno 3 punti di PIL in 5 anni; ciò potrà avvenire solo in parte
con una severa e rigorosa politica di lotta all’evasione fiscale e contributiva. Il resto
dovrà derivare da una riduzione della spesa corrente; il che significa, volendo
almeno mantenere gli stessi livelli di spesa sociale e spesa in conto capitale rispetto
al PIL, un taglio drastico (3-5 punti di PIL) della spesa più improduttiva ma anche
riduzioni di programmi non prioritari.
Ciò dovrà avvenire anche attraverso una revisione generalizzata della spesa
pubblica centrale e decentrata (spending review) volto a valutare l’efficacia e
l’efficienza dei singoli programmi di spesa per il raggiungimento degli obiettivi e
mediante una riallocazione delle risorse in base al livello dei risultati e alle
priorità delineate; il confronto con le migliori pratiche interne e internazionali, il
monitoraggio degli indicatori, il controllo dei risultati e la valutazione dei processi
amministrativi, dovranno garantire un migliore utilizzo delle risorse pubbliche,
che non verranno più assegnate con gli attuali criteri incrementali.
Di seguito si indicano le linee generali per gli interventi principali con effetti sulla
finanza pubblica.
• Recupero dell’evasione. Introduzione di forme di deducibilità fiscale per
alcune spese (mediante presentazione fattura/ricevuta), semplificazione
burocratica e forfetizzazione per redditi autonomi minori, coinvolgimento
degli Enti locali nelle politiche antievasione mediante assegnazione di quote
del gettito recuperato (rispettando la logica del federalismo fiscale) ,
sviluppo meccanismi premiali per le imprese e i contribuenti certificati di
correttezza fiscale, aumento della trasparenza dell’azione e dei risultati
della PA, centralizzazione delle banche dati (agenzia entrate, guardia di
finanza Banca d’Italia, Prefetture, Utenze servizi pubblici ecc), lotta ai
paradisi fiscali e alle forme di elusione fiscale, riemersione dei redditi da
affitto immobili (aliquota ridotta per i proprietari e detraibilità per gli
affittuari).
• Riduzione della pressione fiscale. Come anticipato, il livello della tassazione
va ridotto almeno di 3 punti di PIL e va allargata la base imponibile; a tal
fine tutto il gettito derivante dalla lotta all’evasione e all’elusione fiscale
(punto precedente) va destinato alla riduzione del prelievo. La riduzione
della pressione fiscale, che verrà effettuata prioritariamente sui redditi più
bassi, sulle famiglie più bisognose e sulle piccole e medie imprese
innovative, sarà altresì finanziata in parte con la riduzione della spesa
corrente (punto successivo).
• Riduzione della spesa pubblica corrente. Contenimento della spesa per il
personale pubblico (blocco del turn over nella pubblica amministrazione
con alcune eccezioni nei settori strategici, revisione della politica
retributiva nella PA e dei passaggi di livello dei pubblici dipendenti legata al
conseguimento dei risultati, criteri meritocratici e valutazione della
produttività, riqualificazione del personale), riduzione della spesa per
acquisti di beni e servizi (ridestinazione dei risparmi conseguiti agli uffici
virtuosi, aste pubbliche telematiche, meccanismi di controllo a campione
degli approvvigionamenti, revisione degli appalti assegnati), controllo della
spesa sanitaria (in particolare della spesa ospedaliera mediante una
riorganizzazione territoriale e degli approvvigionamenti, la maggiore
responsabilizzazione della medicina di base e della prevenzione alle
malattie anche con la diffusione delle informazioni e della cultura sanitaria,
maggiore responsabilizzazione delle regioni e dei manager ospedalieri).
• Finanziamento e mantenimento di una quota costante in rapporto al PIL
della spesa in conto capitale. Devono ripartire sia le grandi opere pubbliche
che le opere di riqualificazione del tessuto infrastrutturale del Paese (la
messa in sicurezza di scuole, carceri e altri edifici pubblici, la
ristrutturazione degli immobili pubblici nelle zone sismiche, la
manutenzione delle infrastrutture e delle strade) con un grande piano di
manutenzione e ristrutturazione con criteri ecologici nel campo dell’edilizia
pubblica e di servizio, rilanciare il riequilibrio infrastrutturale del Paese
(spendendo i fondi nazionali ed europei per finanziare progetti utili allo
sviluppo del Mezzogiorno valutati ex ante da autorità indipendenti),
sviluppare gli incentivi per le aziende che investono in ricerca e nuove
tecnologie sul risparmio energetico, uscita della spesa in conto capitale dai
vincoli del Patto di stabilità interno.
• Nuovi meccanismi di controllo e riforme della P.A. individuazione del
responsabile di ciascun programma di spesa e ciascuna pratica
amministrativa, creazione di un’istituzione autonoma esterna di valutazione
dei risultati che sostituisca l’attuale struttura degli Uffici di controllo
Interno la cui esperienza è stata fallimentare, obbligatorietà
dell’informazione ai cittadini anche mediante pubblicazione mediante web
dei risultati e sanzione alle amministrazioni inadempienti, velocizzazione
degli iter burocratici mediante sviluppo dell’istituto del silenzio-assenso e
la responsabilizzazione personale delle pratiche negli uffici della PA,
riqualificazione dei dipendenti, riorganizzazione e unificazione degli uffici
territoriali periferici dello Stato (competenze e sedi delle Prefetture, degli
uffici del Ministero dell’economia e delle finanze, ecc.)
• Riduzione dei costi della politica. Riduzione dei livelli di governo (Province e
Comunità Montane), riduzione del numero dei componenti delle assemblee
elettive e del costo delle giunte di amministrative, riduzione delle società
partecipate dallo Stato e dagli Enti decentrati e della proliferazione dei
servizi “esternalizzati”, riduzione delle cariche di governo e delle istituzioni
pubbliche e revisione dei compensi per i rappresentanti politici, contrazione
e revisione del finanziamento pubblico ai partiti.
• Sviluppo di alcune riforme strutturali: Riforma previdenziale, riforma degli
ammortizzatori sociali, eliminazione del dualismo nel mercato del lavoro e
contratto unico, Federalismo fiscale, sviluppo delle liberalizzazioni del
sistema economico, riforma della scuola.
8 - DIFENDERE IL CONSUMATORE:
La tutela dei diritti del consumatore è impegno prioritario dell’Italia dei Valori.
Il governo Berlusconi ha ceduto alle pressioni di quella parte del mondo
industriale ostile all’introduzione di forme di tutela dei consumatori quali le azioni
collettive (class action). Noi di IDV vogliamo invece che le azioni collettive siano più
accessibili ed aperte a tutti.
L’apertura alla concorrenza dei mercati dei settori di consumo va considerata un
obbligo, finora disatteso - per molteplici ma inaccettabili fattori - dalle
maggioranze che si sono succedute alla guida del Paese. Solo una maggiore
concorrenza nei mercati soprattutto nei servizi può assicurare al cittadinoconsumatore
un maggior benessere. La concorrenza del resto è un potente
stimolo all’innovazione e quindi è uno strumento necessario per accrescere le
opportunità di crescita dell’Italia.
Liberalizzare significa aprire i mercati a nuovi concorrenti, contrastare il potere di
monopolio di chi già vi opera, assicurare prezzi più bassi ai clienti/utenti.
Va detto che privatizzare invece significa trasferire la proprietà di aziende
pubbliche a soggetti privati. Non sempre la privatizzazione ha portato a buoni
risultati, però. Il caso più diffuso è quello nel quale si privatizza senza aver allo
stesso tempo aperto (liberalizzato) abbastanza il mercato nel quale l’ex-impresa
pubblica si trova ad operare. In situazioni del genere si finisce per trasferire
rendite di monopolio dal bilancio pubblico (dello Stato, del Comune, etc.) a quello
dei nuovi azionisti privati.
A monopoli pubblici si sostituiscono monopoli privati con scarsi benefici per i
consumatori e gli utenti e con posizioni di rendita ingiustificate a favore di lobby
finanziarie.
Questo è un fenomeno che in Italia è avvenuto spesso. Si è trattato di errori molto
gravi. Sono errori ai quali si deve porre rimedio rafforzando i poteri di regolazione
delle Authority e spingendo verso una maggiore, ulteriore apertura dei mercati nei
quali operano i nuovi semi-monopoli privati.
9 – LE POLITICHE GIOVANILI:
Vogliamo premiare i giovani onde garantire il merito e valorizzare i talenti.
In Italia, l’assenza di meritocrazia ha profonde conseguenze in termini di mobilità
sociale, valorizzazione del merito e discriminazione nei confronti delle donne in
ambito professionale.
La mobilità sociale è bassa anche perché il criterio del merito non è
sufficientemente valorizzato. Oltre al malcostume delle raccomandazioni e alla
carenza di sostegno alle classi più disagiate, manca una cultura del merito in
grado di premiare il potenziale innovativo delle nuove generazioni.
Il mercato del lavoro e le carriere sono rigidamente ancorati a schemi del passato
e in particolare all’idea secondo cui la crescita professionale e il merito si
misurino in termini di anzianità professionale e non di abilità personali.
Il principio di anzianità garantisce a tutti i dipendenti un analogo percorso di
crescita in termini di funzioni e retribuzioni a prescindere dai risultati ottenuti, nel
settore pubblico, ma spesso anche nel privato.
La scarsa valorizzazione del merito comporta tra l’altro il fenomeno della fuga dei
cervelli all’estero, con una perdita significativa di risorse e saperi per il Paese e
quindi un limite alle possibilità di sviluppo in settori strategici che potrebbero
risollevare l’economia italiana.
In generale inoltre la Pubblica Amministrazione viene percepita come uno
strumento per garantire posti di lavoro, piuttosto che come un luogo di efficienza.
Il governo ha affrontato la riforma della pubblica amministrazione attraverso una
politica di tagli indiscriminati, che naturalmente non è andata ad intaccare le
posizioni consolidate, ma solo i più giovani e i precari, e concentrandosi
principalmente sulla questione dell’assenteismo.
Il governo non ha introdotto provvedimenti volti a sostenere le famiglie più deboli
per garantire ai loro figli l’accesso ad un’istruzione di livello superiore, al
contrario ha tagliato i fondi alle scuole pubbliche per meglio favorire l’istruzione
privata.
Per quanto riguarda le politiche giovanili, il nostro programma ed il nostro
impegno devono essere particolarmente attenti alla ottimizzazione del sistema
scolastico. A tal riguardo:
a) Vogliamo che la formazione degli insegnanti avvenga avvenire già in ambito
universitario, con la creazione di un anno facoltativo, finalizzato al
conseguimento di una serie di esami destinati all’apprendimento degli
strumenti e dei metodi della didattica e allo svolgimento di tirocini presso le
scuole (il ministro Gelmini ha abolito la SSIS, ma non ha previsto alcuna
forma alternativa di formazione per gli insegnanti).
b) Vogliamo introdurre percorsi di formazione e aggiornamento periodici per
tutti gli insegnanti, in modo da impedire il livellamento delle carriere sulla
sola base dell’anzianità e del punteggio conseguito attraverso le supplenze.
c) Vogliamo sostenere il lavoro del personale docente e dei dirigenti scolastici
al fine di migliorare il servizio offerto, individuare le maggiori priorità e
carenze di ciascun istituto e le strategie d’azione più efficaci. L’impegno dei
docenti in queste attività di potenziamento del servizio scolastico dovrebbe
essere premiato con riconoscimenti economici, non più stabiliti in maniera
omogenea sulla sola base delle ore dedicate alla loro organizzazione, ma
soprattutto in termini di qualità delle performance prodotte.
d) Vogliamo aumentare gli investimenti per garantire l’accesso all’istruzione a
coloro che appartengono a classi disagiate, per combattere l’attuale
tendenza ad una segregazione sociale che si manifesta già dalla scelta
della scuola secondaria inferiore, laddove le statistiche dimostrano che i
figli di famiglie economicamente deboli scelgono per la maggior parte gli
istituti tecnici e professionali. A tal fine è necessario istituire delle borse di
studio per merito sin dalla scuola secondaria superiore e potenziare quelle
previste per i corsi di studio universitari, oltre ad agevolazioni riguardanti
alloggio ed accesso ai servizi.
e) Vogliamo che il processo di reclutamento degli insegnanti tenga conto delle
necessità delle scuole frequentate da studenti più svantaggiati, i quali
devono potersi confrontare con insegnanti particolarmente dotati non solo
sul versante della competenza quanto su quello delle capacità
comunicative e relazionali.
f) Vogliamo creare degli atenei che si dedichino particolarmente alla ricerca,
attraverso finanziamenti specifici soprattutto nel settore delle nuove
tecnologie informatiche e della comunicazione. I finanziamenti destinati
alla ricerca sono essenziali per stimolare i giovani a rimanere in Italia, ma
anche per attrarre cervelli dall’estero, invertendo il fenomeno della fuga
dei cervelli e l’assenza di importanti apporti dall’estero. La mancanza di
tecnici qualificati pregiudica infatti le possibilità di sviluppo in settori
strategici come l’informatica e le comunicazioni, ma anche nella ricerca
medica.
g) Vogliamo riformare la didattica universitaria in funzione di un più agevole
accesso al mercato del lavoro al fine di prevenire il più possibile la
disoccupazione giovanile. La riforma del 3+2 non sembra aver funzionato
del tutto: la maggior parte dei giovani continua gli studi con il biennio
specialistico perché la preparazione dopo gli studi triennali viene giudicata
dalle imprese inadatta o insufficiente per svolgere funzioni aziendali. Ma
spesso buona parte dei laureati specialistici è costretta anche dopo la
laurea specialistica a ricorrere a costosi master per acquisire una
formazione idonea alle esigenze delle imprese. Alcuni corsi di laurea
dovrebbero allora essere strutturati come gli attuali master, garantendo
anche a chi non può sostenere le spese notevoli che questi comportano un
percorso di formazione altamente professionalizzante e sfruttabile presso
le aziende.
h) Vogliamo creare un raccordo fra l’istruzione universitaria e la pubblica
amministrazione, perché una quota rilevante di giovani di talento possa
andare a costituire la nuova classe dirigente della PA che non deve più
essere semplicemente il luogo del posto sicuro per milioni di lavoratori,ma
dovrà attrarre i giovani di maggior talento, capaci di garantire efficienza al
sistema e quindi anche un minor spreco di risorse.
10 – GARANTIRE LE PARI OPPORTUNITA’ TRA UOMO E DONNA:
Persiste ancora in Italia una significativa assenza di pari opportunità per le donne,
le quali, sebbene accedano in maniera massiccia all’istruzione e al lavoro, non
riescono a raggiungere i ruoli chiave all’interno delle realtà pubbliche o private in
cui lavorano.
La meritocrazia richiede che si premino l’efficienza e il talento, ma anche che il
genere non pregiudichi lo sviluppo educativo e professionale delle persone.
In Italia l’occupazione femminile resta inferiore ai livelli di altri Paesi europei
perché i talenti femminili sono pesantemente penalizzati a causa della difficoltà
nel conciliare lavoro e famiglia. Secondo l’Istat solo il 30% delle donne torna a
lavorare dopo la nascita di un figlio. La diffusione del lavoro precario aggrava
ulteriormente la situazione, dal momento che le lavoratrici atipiche decidono
generalmente di rinunciare alla maternità per le condizioni precarie del proprio
lavoro.
Un altro aspetto preoccupante riguarda la segregazione femminile nei ruoli di più
basso livello con ricadute in termini retributivi: il divario di salario fra donne e
uomini si aggira intorno al 25% proprio in virtù del fatto che le donne raggiungono
difficilmente posizioni dirigenziali. Questo fenomeno è riscontrabile anche nella
pubblica amministrazione, infatti circa il 74% dei dirigenti della PA è di sesso
maschile.
La politica delle pari opportunità si è invece limitata a campagne di
sensibilizzazione su stalking e abusi sessuali, che tra l’altro si vorrebbero
affrontare con corsi di autodifesa e con l’istituzione della settimana contro la
violenza nelle scuole, e dichiarazioni di buone intenzioni.
Non ci sono state iniziative significative a favore dell’occupazione e del
riconoscimento del talento femminile , al contrario alcuni provvedimenti del
governo, come la cancellazione della legge per evitare le dimissioni in bianco,
l’agevolazione dei contratti a termine, la detassazione degli straordinari,
accentuano il divario occupazionale e retributivo a svantaggio delle donne, mentre
non sono stati introdotti incentivi fiscali per l’occupazione femminile, né misure
per la conciliazione fra lavoro fuori casa e lavoro di cura.
Le nostre priorità consistono nel garantire alle donne la possibilità di continuare a
lavorare anche dopo la maternità e la possibilità di accedere alle posizioni di
vertice. Al riguardo, proponiamo di:
• Potenziare gli asili pubblici e incentivare le imprese che adottano asili al
proprio interno al fine di agevolare la conciliazione fra tempi di lavoro e
tempi di cura.
• Ripristinare il tempo pieno nelle scuole elementari e medie inferiori.
• Introdurre forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro,
tra cui part-time, flessibilità sui turni, telelavoro e lavoro a domicilio, orario
flessibile in entrata o in uscita, orario concentrato.
• Intervenire con una detassazione per le donne che rientrano al lavoro prima
del termine del congedo per maternità, stimolando un rientro il più rapido
possibile in modo che la maternità non penalizzi le opportunità di carriera.
• Vincolare, come già avviene in molti Paesi europei, le imprese a garantire
presenza femminile nei consigli di amministrazione, perché la presenza al
vertice cambi gradualmente le politiche di reclutamento e avanzamento
professionale delle donne.
• Incentivare le aziende, in collaborazione con gli organismi sindacali, a
sviluppare forme di selezione e valutazione del personale che contemplino
più strumenti, oltre al colloquio di selezione tradizionale, al fine di misurare
la varietà delle competenze di cui le donne possono essere portatrici in
maniera oggettiva e non discriminatoria.
11 – AZIONI A SOSTEGNO DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE:
I piccoli e medi imprenditori (PMI) sono stati e sono i veri protagonisti dello
sviluppo del nostro paese. Ma ora – con ‘avvento della globalizzazione e con
l’espansione dei mercati emergenti – sono in grosse difficoltà e necessitano di una
politica di rilancio.
Le nostre 10 azioni a sostegno della piccola e media impresa sono:
1. migliorare l’accesso al credito e rafforzare i requisiti patrimoniali delle
aziende, mediante supporto mirato e professionale alle PMI (riguardo alla
comunicazione finanziaria, alla trasparenza informativa, ad un maggior
indirizzo al mercato dei capitali) con la creazione di un più stretto rapporto
tra banche, imprese e Confidi, che garantisca maggiore liquidità e
capitalizzazione alle piccole imprese e in definitiva facilità di credito, come
misura essenziale per la ripresa dell'economia.
2. misure urgenti per le PMI: accelerare i pagamenti della Pubblica
Amministrazione e i rimborsi di imposta (anche stabilendo limiti temporali
determinati); favorire accordi col settore bancario per finanziamenti alle
PMI; ridurre di due punti l’IRAP alle PMI che investono in innovazione
tecnologica , ricerca, risparmio energetico e/o assumono giovani a tempo
indeterminato;
3. semplificare le procedure amministrative e velocizzare l’iter burocratico
degli adempimenti in modo da alleggerire l’onere complessivo a carico
delle imprese (anche con l’istituto del silenzio-assenso, o la
responsabilizzazione personale delle pratiche negli uffici della PA).
4. velocizzare e facilitare le procedure per la creazione di una nuova impresa.
Il tempo ed il denaro risparmiato miglioreranno così la competitività delle
PMI.
5. incentivare la promozione del manager di distretto. In questa fase
economica - per poter affrontare la crisi - alle piccole e medie imprese
servono figure manageriali, alle condizioni attuali troppo costose. È utile
lavorare ad un progetto di “manager di distretto” che consentirebbe di
accentrare su una sola persona – altamente qualificata - le competenze
necessarie per i processi di internazionalizzazione e di crescita delle PMI
collegate in rete.
6. favorire i processi di aggregazione delle pmi al fine di accedere ai
finanziamenti comunitari previsti per i settori: aerospazio, bioscienze, beni
culturali, sostenibilità ambientale e energie rinnovabili, ICT/Multimediale.
7. promuovere i processi di aggregazione tra imprese in modo da integrare
capacità innovative ed organizzative di aziende operanti in settori diversi ma
complementari, superando i limiti connessi alla piccola dimensione...
8. stimolare la propensione delle PMI ad intraprendere percorsi di espansione
internazionale in modo da rafforzare la dinamica sovra-locale del nostro
tessuto connettivo, cogliendo importanti opportunità di sviluppo ed
aumentando la competitività. A tal proposito è auspicabile la creazione di
una Cabina di Regia per l’internazionalizzazione che coordini le istituzioni
pubbliche preposte: ICE, SACE, Invitalia, strutture regionali di promozione
all’estero e includa associazioni industriali. Le politiche di incentivo
all’export devono essere coordinate tra Stato e Regioni per evitare inutili
sprechi di risorse e sovrapposizioni di iniziative promozionali che producono
una concorrenza autolesionista tra regioni del nostro Paese; promozione di
“marchi Paese” che certifichino qualità dei prodotti made in Italy.
9. Valorizzare gli intangibles assets quali leve di creazione di valore per
l’impresa anche mediante l’inserimento in bilancio del valore del marchio
aziendale.
10. Incentivare forme nuove di partecipazione dei dipendenti all’impresa. Le
ipotesi più efficienti riguardano la partecipazione ai profitti per i livelli
direttivi aziendali (visto che per i manager il profitto è una misura della loro
produttività) e l’aggancio dei salari dei dipendenti alla produttività e non agli
utili sui quali i lavoratori non posso influire direttamente.
11. Incentivare forme nuove di partecipazione dei dipendenti all’impresa. Le
ipotesi più efficienti riguardano la partecipazione ai profitti per i livelli
direttivi aziendali (visto che per i manager il profitto è una misura della loro
produttività) e l’aggancio dei salari dei dipendenti alla produttività e non agli
utili sui quali i lavoratori non posso influire direttamente.
12 – LAVORO E OCCUPAZIONE:
La prima crisi del lavoro é la crisi della sicurezza. Gli infortuni sul lavoro sono
proseguiti nell’ordine di circa 1 milione all’anno e di 3 morti al giorno. Morti
invisibili e processi che non si fanno mai. Ci auguriamo che il processo per
l’omicidio degli operai della Thyssen-Krupp individui e colpisca i responsabili e
che l’importantissimo processo sui tumori generati dall’amianto che si è aperto a
Torino, risarcisca le vittime e colpisca chi sapeva di produrre generando una
strage di lavoratori che ancora oggi continua. Per questa ragione, siamo per
ripristinare tutte le norme sugli infortuni e sulla sicurezza sul lavoro decise
dall’ultimo Governo Prodi e che Berlusconi ha abrogato. Ma il governo ha abrogato
anche la " crisi economica".
Esiste la crisi? Rispondere Si o No è la prima grande differenza tra noi e il Governo
Berlusconi (che nel 2008 l’ha sempre negata e nel 2009 ha dichiarato per
“decreto” che è superata).
Per l’Italia dei Valori la crisi esiste e ha dimensioni impressionanti che si
manifesteranno sul piano sociale per tutto il 2010 generando forti tensioni.
La realtà da cui partiamo è quella più volte dichiarata da Bankitalia, Istat,
Confindustria, Organizzazioni sindacali. Il 2009 si chiude con:
􀂃 500.000 nuovi disoccupati che portano la cifra record complessiva ad oltre
due milioni ufficiali pari all’8,3% a cui vanno aggiunte partite IVA, artigiani,
ecc... andando oltre la media europea del 10%
􀂃 La cassa integrazione (per chi ce l’ha) è aumentata del 324% in un solo
anno coinvolgendo 1.200.000 lavoratori che percepiscono 700 euro al mese
􀂃 Migliaia di partite IVA, artigiani, commercianti e piccole industrie hanno
chiuso i battenti.
􀂃 I giovani hanno pagato e pagheranno più di ogni altro l’espulsione dal
mondo del lavoro. L’ISTAT individua in 3.400.000 le posizioni precarie di cui
il 56% composto da donne
􀂃 Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni è arrivata al 26%
(+4% in un solo anno) nel sud è al 35%. I laureati sono sempre più coinvolti
dalla precarietà.
􀂃 Il tasso di occupazione femminile nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni è del
46,6% mentre quello maschile del 68,7%, comunque entrambi i dati molto
inferiori alla media europea.
􀂃 Il mezzogiorno è già chiuso in una grande gabbia, infatti a parità di lavoro i
salari sono ridotti del 25% rispetto al nord mentre il costo della vita è
inferiore del 16%
􀂃 La disoccupazione è doppia in molte regioni rispetto al nord. Casi
emblematici si registrano da Termini Imerese in Sicilia alla Alcoa in
Sardegna a molte aziende che chiudono senza alternativa.
􀂃 Secondo Bankitalia è aumentata la disparità tra ricchi e poveri. Il 10% della
popolazione più ricca possiede il 44,5% della ricchezza mentre il 50% delle
famiglie più povere ne detiene il 9,8% e il peso dei redditi da lavoro sul
Prodotto Interno Lordo è sceso di circa 10 punti
􀂃 Quest’anno il 17% delle famiglie italiane non arriva a fine mese senza fare
nuovi debiti. Nel sud siamo al 25% mentre una famiglia su 10 non ha potuto
pagare il riscaldamento. Solo Grecia e Portogallo stanno peggio di noi tra i
paesi europei.
􀂃 Abbiamo per la prima volta in 50 anni, una riduzione dei salari e delle
pensioni reali rispetto all’aumento dei prezzi. I salari italiani lordi sono
sotto la media dell’Unione Europea del 32,3%, quelli netti sono al 23° posto
dei 30 Paesi più industrializzati dell’OCSE. Mentre la pressione fiscale
complessiva sulla busta paga è pari al 46,5% del costo del lavoro.
􀂃 Le grandi aziende sono state sostenute dalle banche e dal Governo ma
migliaia di piccole imprese (tra l’altro quelle che hanno investito e innovato)
si trovano con l’acqua alla gola, se non hanno giù chiuso. C’è stata una
riduzione della produzione del 25-30% e di fatturato fino al 40%
􀂃 Nel 2009 110.000 attività commerciali hanno chiuso per la principale
ragione del calo drastico dei consumi delle famiglie, infatti il potere di
acquisto è diminuito secondo l’Istat del 1,6%.
􀂃 Nel 2010 le previsioni economiche sono di stagnazione e quindi la crisi reale
sull’economia e sull’occupazione continuerà creando fortissime tensioni
sociali.
􀂃 Altri 400.000 lavoratori termineranno la cassa integrazione ordinaria e si
apre per loro la fase delle ristrutturazioni e dei licenziamenti.
􀂃 Le imprese sane prevedono una vera ripresa solo nel 2013.
􀂃 Nel 2010 i prezzi di benzina, gas, assicurazione, treno, autostrade
aumenteranno portando via alle famiglie altri 600 euro.
􀂃 Gli infortuni sul lavoro sono proseguiti nell’ordine di circa 1 milione all’anno
e di 3 morti al giorno. Morti invisibili e processi che non si fanno mai. Ci
auguriamo che il processo per l’omicidio degli operai della Thyssen-Krupp
individui e colpisca i responsabili e che l’importantissimo processo sui
tumori generati dall’amianto che si è aperto a Torino, risarcisca le vittime e
colpisca chi sapeva di produrre generando una strage di lavoratori che
ancora oggi continua. Per questa ragione, siamo per ripristinare tutte le
norme sugli infortuni e sulla sicurezza sul lavoro decise dall’ultimo
Governo Prodi e che Berlusconi ha abrogato.
L’Italia dei Valori sta percorrendo tutto il Paese per intervenire nei punti di crisi,
per portare la nostra solidarietà a chi è totalmente ignorato dal sistema di
comunicazione ma anche le nostre proposte. Non abbiamo mai fatto propaganda
quando una persona perde il posto di lavoro ma cercato soluzioni. Alcune volte ci
siamo riusciti, dall’Innse di Milano, al gruppo ex-Eutelia, in altri casi ci proviamo
con determinazione, dalla Selfin a Termini Imerese, all’Alcoa. Stiamo
intervenendo in più di duecento casi ignorati totalmente dalla politica e dal
Governo dove al dramma della disoccupazione si aggiunge la disperazione di
sentirsi soli.
Italia dei Valori vuole stare con loro, con chi è la spina dorsale dell’economia del
Paese e quindi continueremo a difendere i posti di lavoro e l’impresa sana, non
assistita.
Dobbiamo anche riconoscere, con onestà intellettuale che il liberismo sfrenato e
senza regole ha distrutto i diritti, generando il più grande delitto che una società
avanzata può commettere: scaricare sui giovani il prezzo della crisi con una
rottura che mai il nostro Paese ha vissuto. I figli stanno peggio dei padri perché
abbiamo proposto loro, dai call-center al lavoro intellettuale e di ricerca, solo
precarietà, niente altro che precarietà. Va affermato che la flessibilità è un utile
strumento per cercare nuovi posti di lavoro ma, se la flessibilità è a senso unico
(solo per i giovani) e se non è accompagnata da una riforma degli ammortizzatori
sociali e da una riforma complessiva delle norme del lavoro, si arriva alla
precarietà. Insomma dobbiamo ammettere che in Italia non siamo stati ancora
capaci di creare un sistema di flex-security.
Per l’Italia dei Valori il Governo ed il Parlamento devono affrontare l’emergenza
della precarietà e porsi l’obiettivo dell’aumento dei salari e delle pensioni reali.
Deve essere rilanciata l’economia reale che è quella del lavoro e dell’impresa
sana.
La cifra della nostra proposta è: 20 – 20 – 20.
20% per l’aliquota minima fiscale su stipendi, pensioni e bassi redditi, il 20% di
tassazione minima sulle rendite finanziarie e immobiliari escludendo le emissioni
dello Stato e infine il 20% di aumento di stipendi e pensioni nei prossimi tre anni.
Le risorse ci sono senza aumentare il debito pubblico, facendo una seria battaglia
contro l’evasione fiscale che deve diventare un comportamento virtuoso. Noi
proponiamo che ogni euro recuperato all’evasione fiscale diventi un’automatica
riduzione delle aliquote fiscali. Ovviamente serve un contestuale e parallelo taglio
della spesa pubblica.
Vogliamo che i lavoratori tornino ad essere protagonisti delle decisioni che li
riguardano a partire dal diritto di voto sui contratti nazionali. Per applicare la
democrazia in tutti i luoghi di lavoro presenteremo una legge in Parlamento che
sposta il diritto di decisione dalle burocrazie sindacali ai diretti interessati.
Tutti debbono poter giudicare se un contratto è buono o cattivo, siano iscritti o non
iscritti al sindacato, soprattutto i precari.
La democrazia nei luoghi di lavoro è il fondamento della democrazia italiana ed è
la strada che come Italia dei Valori percorriamo per combattere chi – come il
Ministro Brunetta - vuole cancellare l’art.1 della Costituzione Repubblicana.
Sia chiaro, siamo rispettosi dell’autonomia delle organizzazioni sindacali ma
sentiamo il dovere di segnalare lo stato d’animo che è presente in tutti i luoghi di
lavoro: la solitudine e la frammentazione.
L’Italia dei Valori prova, cosciente dei propri limiti, ad avanzare idee per creare un
fronte democratico unito dei lavoratori. Sappiamo che l’unità del mondo del lavoro
intorno ad obiettivi comuni rende da un lato, più forti i lavoratori, ma dall’altro
costringe i nostri sistemi economici verso più avanzate frontiere del diritto e del
benessere per tutti.
In Europa ci deve essere un contratto unico nei vari settori che preveda salari
minimi e orari di lavoro massimi uguali per tutti, questo è anche un modo concreto
per evitare la concorrenza sleale tra imprese.
In Italia non ha più senso avere centinaia di contratti nazionali ma servono 4 grandi
contratti: industria, pubblico impiego, servizi e artigianato.
Per battere la precarietà dobbiamo impedire che si completi l’azione eversiva
dell’attuale Governo che vuole trasformare il rapporto di lavoro in rapporto
commerciale, cancellando così d’un colpo solo i diritti universali previsti dallo
Statuto dei lavoratori e dai contratti nazionali.
Proponiamo di abolire i 42 contratti di assunzione precari e di sostituirli con un
unico contratto simile all’apprendistato. Come in tutta Europa deve essere
“normale” il rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Proponiamo di inserire la formazione continua durante il rapporto di lavoro e di
estendere gli ammortizzatori sociali a tutti i precari.
Il sistema pensionistico italiano è il fatto più emblematico e concreto che indica la
rottura generazionale: un lavoratore che va in pensione col vecchio sistema con 40
anni di lavoro percepisce circa l’80% di pensione rispetto agli ultimi stipendi, un
giovane che va in pensione con l’attuale sistema dopo 40 anni di lavoro percepirà
circa il 40% dell’ultimo stipendio. Esattamente la metà. Questo mostro sociale che
genererà milioni di poveri va affrontato ora. Proponiamo di garantire alle nuove
generazioni una copertura della pensione che sia come minimo del 60% e di
recuperare lo spirito di quella proposta di riforma che inseriva, con il sistema
contributivo, la possibilità di un’uscita verso la pensione flessibile e non rigida.
Proponiamo di dare il via al riconoscimento dei lavori usuranti che il Governo
ignora totalmente, mentre all’innalzamento dell’età per le donne a 65 anni, deciso
dal Governo, va riconosciuto loro il tempo dedicato alla cura, all’assistenza ed alla
maternità.
In particolare le partite IVA devono essere verificate, al fine di accertare se chi se
ne serve sia effettivamente un libero e autonomo professionista o se sia solo una
condizione capestro, imposta loro per non pagargli ferie, malattia, maternità,
tredicesima e così via. In caso di finta autonomia proponiamo che abbiano garanzie
perequate a quelle del lavoro dipendente.
Per ridurre i licenziamenti proponiamo di: applicare i contratti di solidarietà,
ridurre le ore lavorate per non espellere i lavoratori, raddoppiare la cassa
integrazione ordinaria che può essere benissimo finanziata utilizzando i bilanci
positivi dell’INPS del 2008 e 2009.
Insistiamo per detassare le tredicesime, almeno quelle del 2010, anno orribile per
stipendi e pensioni.
Per le imprese sane proponiamo una battaglia comune contro la burocrazia e le
grandi banche che devono garantire liquidità alle imprese piccole e medie. Per il
2010 e 2011 l’IVA per le piccole attività di artigianato, commercio e impresa deve
essere pagata all’atto dell’effettivo incasso. Va sostenuta l’impresa che investe in
ricerca e innovazione, va favorita l’associazionismo tra imprese per la loro
crescita.
Vanno incentivate le imprese che non delocalizzano, che innovano, che assumono
a tempo indeterminato, che investono in energie rinnovabili.
Chiediamo che il Governo predisponga finalmente una politica industriale per i
settori che si ritengono strategici per il Paese: dallo sviluppo di tutte le filiere di
green-economy, alla diffusione della banda larga su tutto il territorio, alla
manifattura di qualità, ai settori che investono in ricerca e innovazione.
La vera critica che facciamo al governo di centrodestra è la sua assenza da ogni
processo di ristrutturazione produttiva. A causa del totale e assoluto
atteggiamento inerte del Ministro delle Attività Produttive, il Governo Berlusconi è
privo di idee su cosa fare in settori delicatissimi dove l’Italia rischia di perdere il
meglio che ha a favore della concorrenza internazionale. Per noi la ripresa
economica avverrà quando nuove filiere di prodotti e di servizi eco-compatibili, la
ricerca e lo sviluppo, la conoscenza e l’impresa che cresce troveranno un governo
capace di innovare, di mettere in moto le tante energie che ha il nostro Paese.
Non solo il PIL deve misurare l’andamento di una società, ma il benessere
generale, dalla sanità all’istruzione alla capacità di ricerca. Insomma non
consideriamo contrapposti i diritti di chi lavora con l’impresa che funziona, investe
e produce lavoro a tempo indeterminato.
Per rendere credibili le nostre proposte ci siamo avvicinati al tema del lavoro e del
nuovo welfare con un approccio inedito. Italia dei valori si sta strutturando per
essere sempre più partito di governo alternativo al centrodestra. Per questo
ricerchiamo una nostra capacità di analisi e di proposta, autonoma dai grandi
centri di potere e dagli altri partiti. In particolare:
a. - stiamo costruendo in tutta Italia circoli nei territori e nelle aziende oltre che
competenze di settore. Abbiamo responsabili giovani e motivati in tutte le regioni e
ci stiamo organizzando in tutte le province.
b. - stiamo costruendo le reti del lavoro: dall’esperienza con i giovani dei callcenter,
all’informatica, all’industria, alle libere professioni, abbiamo capito che
dobbiamo avere competenze: a problema va costruita una proposta. E’ l’unico
modo per essere sempre più partito di governo alternativo.
c. - abbiamo il settore dei disabili ed un suo rappresentante, il settore dei
lavoratori dello spettacolo, quello dei frontalieri, dei lavoratori dello sport, delle
trasformazioni d’impresa.
e. - e così continueremo, sommando conoscenze professionalmente misurate sul
campo con l’esperienza che ci arriva da tutto il territorio.
Per strutturare la nostra nuova classe dirigente intendiamo anche organizzare nel
corso del 2010 specifici corsi di formazione.
Il dipartimento lavoro-welfare è strutturato leggero a Roma e forte in tutti i
territori e nelle competenze, nasce così attraverso la rete una nuova forma di
partito totalmente sburocratizzata e legata al saper fare.
13 – LA QUESTIONE SETTENTRIONALE E QUELLA MERIDIONALE:
Piaccia o non piaccia, la realtà delle cose ci dice che le possibilità di far ripartire
l’economia italiana nel breve e medio termine dipendono sostanzialmente dal
sistema produttivo del Nord. È nelle Regioni settentrionali che si concentra gran
parte della ricchezza nazionale e della capacità produttiva. Sono le centinaia di
migliaia di piccole imprese, di lavoratori autonomi e di tecnici del Nord che
rappresentano la locomotiva economica italiana.
In questi anni la qualità delle infrastrutture, la qualità della giustizia civile, la
qualità della scuola e dell’università, la qualità dei trasporti, i costi dell’energia, i
costi e la qualità dei servizi bancari e del credito, i costi di congestione, hanno
costituito nelle Regioni del Nord un enorme fardello del quale le piccole imprese
hanno dovuto farsi carico.
La ‘questione settentrionale’ è quindi innanzitutto legata al tema dell’efficienza
della Pubblica Amministrazione e all’eccessivo carico fiscale, eccessivo
soprattutto se confrontato con la qualità dei servizi ricevuti in cambio delle tasse
pagate.
In secondo luogo, la ‘questione settentrionale’ è il disagio di chi contribuisce alla
ricchezza del Paese ma non viene posto dai Governi e dalle amministrazioni
pubbliche nelle condizioni migliori per competere e per produrre quella ricchezza.
Tornare a crescere vuol dire innanzitutto risolvere la questione settentrionale.
Ma ancor più impellente è affrontare e risolvere la ”Questione meridionale”,
vittima sacrificale della politica familistica e corrotta.
Il Sud può ripartire solo dallo smantellamento dei carrozzoni regionali, dalla
eliminazione degli enti inutili, dal coraggio degli enti locali e dal rilancio di un
governo eticamente apprezzabile.
Prima il ricorso alla Cassa per il Mezzogiorno e poi (negli anni 90) il fiume di
denaro proveniente dai Fondi Comunitari dovevano permettere di poter superare il
divario Nord-Sud del paese. Invece dopo mezzo secolo di interventi, straordinari
ed ordinari, e tre fasi di programmazione dei fondi Comunitari (1989-1993 / 1994-
1999 /2000-2006), anche dopo l’inizio della quarta fase 2007-2013, gran parte del
Meridione è ancora immersa nel sottosviluppo, come è dimostrato dal fatto che
quasi tutte le provincie meridionali si trovano nella parte bassa della graduatoria
nazionale che riguarda lo sviluppo e la qualità della vita.
Ciò vuol dire che gran parte dei problemi del Sud è attribuibile proprio alla cattiva
gestione della spesa pubblica ed ai ritardi nelle procedure nella sua attivazione
(per colpa soprattutto delle Regioni e degli enti locali).
Ci sono vistose anomalie anche nella pratica assai diffusa di utilizzare i fondi FAS
(Fondo per le Aree Sottoutilizzate) per esigenze di spesa pubblica dello Stato e, a
volte, per le spese in conto corrente delle stesse Regioni e ciò contrariamente alle
disposizioni europee secondo cui i fondi FAS di provenienza comunitaria, da
impiegare per il riequilibrio territoriale (85% al Sud e 15% al Centro-Nord), vanno
interamente destinati alle politiche addizionali per lo sviluppo.
E’ tempo di cambiare registro, quindi, e soprattutto è tempo di cambiare la classe
dirigente che finora ha occupato i posti di comando della politica meridionale.
E’ tempo anche di cambiare l’approccio culturale con cui la questione meridionale
deve essere affrontata. Qui non si tratta più di chiedere di essere agganciati al
treno del Nord (dell’Italia e dell’Europa), poiché le nuove condizioni geoeconomiche
hanno profondamente spostato le ragioni della convenienza
economica verso il Bacino del Mediterraneo, rispetto al quale il Sud d’Italia è in
una posizione assolutamente privilegiata.
L’economia di oggi (e di domani) si fonda sempre di più sulla capacità di
intercettare gli scambi (di beni fisici e virtuali, di culture, di persone) con le
economie forti dell’Est Asiatico, quelle del Sud del Mediterraneo, quelle dell’Est
dei paesi ex o post comunisti, in continua espansione, che si trovano attorno a
questo grande lago.
L’Italia, e soprattutto il suo Meridione, possono quindi ben rappresentare il punto
di collegamento ideale per queste economie. Il Meridione può essere la vera
piattaforma logistica ed energetica che può consentire all’Europa di dialogare con
gran parte del mondo che produce, o che, più semplicemente, ha bisogno di
comunicare e di chiedere o fornire servizi, formazione, ricerca, beni ad alto o a
basso contenuto tecnologico.
In questa ottica di efficienza di ritrovato protagonismo IDV ritiene giusto
incrementare gli investimenti strategici e di ricerca nel Sud. Si devono ribaltare i
termini del problema: Il Sud non più un peso per l’Italia, ma, al contrario, serve
all’Italia per creare ricchezza al sistema Paese. Tutto ciò che va fatto per il
Meridione non è più soltanto un modo per riequilibrare l’assetto economico e
sociale del Paese, ma serve per infrastrutturare questo territorio per renderlo
funzionale al ruolo cui esso è vocato.
Sulle prospettive di sviluppo del Sud pesano, però, vere e proprie diseconomie
interne. Le ridotte dimensioni delle imprese locali, la inefficienza di ampi settori
della pubblica amministrazione, la farraginosità degli iter autorizzativi ed un
soffocante peso della burocrazia, le insufficienti condizioni di legalità del territorio,
sistemi di servizi al di sotto degli standard nazionali, certamente scoraggiano o
indeboliscono le prospettive di investimento nel Meridione.
Si procede tuttora all’indebolimento del sistema del credito per il Sud; l’assenza di
significative strutture creditizie con centri direzionali nel Sud rappresenta un vero
e proprio rischio aggiuntivo per le imprese. C’è una forte carenza di infrastrutture
materiali e tecnologiche. Manca una “rete” di soggetti pubblici e privati che
facciano “sistema” creando possibili “sinergie” fra i soggetti attori dello sviluppo
in tutti i comparti strategici. Le prestazioni nei servizi pubblici al Sud sono inferiori
rispetto al Nord. Nel Meridione il livello di protezione di beni pubblici, come
l’ambiente, il territorio, il paesaggio, e la sicurezza è assai basso. Lo Stato deve
garantire un accettabile livello di legalità. Nessun impiego di capitale pubblico può
essere efficace se è scarsa la capacità imprenditoriale o questa è compromessa
dal clientelismo e dalla perversa connessione fra imprenditorialità e scambi di
convenienze con il potere politico. In larghi settori del Meridione, il sistema
corrotto della politica ha avuto un effetto devastante sulla capacità imprenditoriale
e sulla propensione al rischio di impresa.
Sono queste le “ragioni economiche” per cui dobbiamo batterci per riportare
legalità al Sud: più legalità significa migliore qualità della vita e maggiore
sviluppo. Dunque, la centralità del Mezzogiorno nelle politiche Meridionali non è
solo un fatto di giustizia sociale, ma ha molto a che fare con ragioni di convenienza
economica.
In sostanza lo sviluppo deve partire dal Sud, attraverso processi autonomi,
sapendo che con questi processi si espande contemporaneamente la nuova classe
dirigente del Mezzogiorno, poiché il più importante fattore della produzione a fini
di sviluppo è proprio la “capacità di governo” e l’onestà intellettuale con cui
intende amministrare la cosa pubblica.
14 – TUTELA DELL’AMBIENTE E DIFESA DEL TERRITORIO:
La conferenza di Copenaghen ha confermato l'enorme pericolo dell'immissione in
atmosfera di gas serra prodotti dai combustibili fossili.
L'Italia dei Valori considera la lotta contro il cambiamento climatico globale una
grande e nuova opportunità di sviluppo, l'avvio di una nuova politica economica,
l'inizio di una vera rivoluzione industriale. Le energie rinnovabili, a cominciare dal
solare, il recupero integrale dei rifiuti, il risparmio energetico configurano la
nascita di una vera e propria “economia verde”. I paesi che prenderanno questa
strada accumuleranno un vantaggio strategico e geopolitico che li porrà alla testa
di una nuova fase di sviluppo. Una seria politica per l'uso razionale dell'energia, ad
esempio, metterebbe a disposizione risorse energetiche pari o superiori a quelle
del nucleare.
Respingiamo la scelta nucleare del governo italiano. Le scorie radioattive non
sono trattabili in sicurezza, i loro effetti letali durano migliaia di anni, sono
sconosciuti gli effetti a lunga scadenza del loro accumulo nel sottosuolo,
contengono elementi usati per la fabbricazione di ordigni nucleari. Se si tenesse
conto del costo reale degli impianti, che è quasi doppio di quello dichiarato, e di
quello dello smaltimento delle scorie, il costo del chilowatt nucleare supererebbe
quello delle fonti tradizionali. Questa scelta sbagliata e dannosa distrugge le
risorse per le energie rinnovabili e chiude la strada della “green economy”.
Confermiamo la scelta del referendum abrogativo, per il quale abbiamo già
depositati i quesiti alla Corte di Cassazione. Iniziamo la raccolta delle firme per
votare nella primavera del 2011.
Siamo pronti a costruire, insieme a movimenti, comitati, sindacati e associazioni e
altre formazioni politiche, uno schieramento largo, discutendo ogni opportuno
perfezionamento dei quesiti referendari e tutte le modalità necessarie ad
allargare la partecipazione a questa campagna decisiva per il futuro del paese.
Il Governo ha privatizzato la gestione dell'acqua. L'acqua è un bene pubblico che
deve essere sottratto al mercato, quindi la gestione dell'acqua deve tornare ad
essere pubblica, superando anche le gestioni fatte con aziende miste a
partecipazione pubblica. La norma che privatizza la gestione dell'acqua deve
essere abrogata con il referendum. Anche in questo caso abbiamo già presentato i
quesiti e ci muoveremo come per il nucleare.
Sulla raccolta e lo smaltimento dei rifiuti la nostra linea è chiara. Il carico dei
rifiuti deve essere ridotto già alla produzione e alla distribuzione; i rifiuti sono
trasformabili in materie seconde; serve la raccolta differenziata porta a porta, con
tariffe commisurate solo alla quantità dei rifiuti prodotta e al loro grado di
differenziazione; la combustione dei rifiuti, sia in forma di rifiuto indifferenziato sia
in forma di rifiuto gassificato, immette in atmosfera gas serra e inquinanti chimici.
Esistono collaudate tecnologie e solide filiere produttive che consentono di
riciclare quasi integralmente i rifiuti. Questa è la nostra scelta.
L'effetto anticiclico delle infrastrutture è inversamente proporzionale alla loro
dimensione. Il sostanziale fallimento del sistema del “general contractor”
nell'Alta Velocità e del “project financing” nelle concessioni autostradali obbliga
alla loro riconsiderazione. Il “general contractor” deve concorrere sulla base di un
progetto definitivo concordato tra le parti e accettato dal contraente, assumendosi
tutti i rischi della progettazione esecutiva e della realizzazione.
Appalti e sub appalti devono seguire le procedure europee, assistiti da nuove
norme contro le infiltrazioni mafiose. Gli scostamenti di costo devono essere
verificati bilateralmente. Tutti i documenti, gli atti e le procedure devono essere
trasmessi all'autorità giudiziaria.
Nel “project financing” la fase di proposta del progetto e del finanziamento deve
essere completamente distinta da quella della realizzazione e deve essere
eliminato ogni vantaggio per il proponente del project.
La quota di partecipazione pubblica non deve essere considerata come
partecipazione all'investimento ma come pagamento del servizio pubblico
connesso con l'opera e quindi può essere erogata in quote annuali posticipate alla
realizzazione dell'opera, vincolate contrattualmente.
Il programma pluriennale delle infrastrutture a cui pensiamo è costituito da un
piano di opere di piccole e medie dimensioni e di poche grandi opere essenziali,
che vedano un ruolo importante delle autonomie locali.
Non è accettabile che l'investimento pubblico autostradale sia fatto a danno della
sicurezza sull'intera rete ANAS. Altrettanto gli investimenti ferroviari devono
riguardare l'intera rete FS, il trasporto dei pendolari e delle merci e non solo l'Alta
Velocità.
I risultati di esercizio dell'AV sono del tutto inadeguati al costo dell'investimento,
che è quasi di quaranta miliardi di euro e rischia di metterlo fuori mercato.
L'esercizio ferroviario è scadente e le FS devono fare molto di più per sottrarre
viaggiatori e merci al trasporto su gomma. Poiché le FS assorbono appena il 7%
del trasporto merci del nostro paese questo apre il problema di chi sarà l'effettivo
utilizzatore del trasporto merci sulle linee di AV di nuova proposta, come la
Torino-Lione, la linea del Brennero e la Milano-Genova.
15 – AGRICOLTURA:
Questo settore primario dell’economia italiana versa in uno stato a dir poco
allarmante, le aziende sono alle prese con una crisi intensa, con costi produttivi
insostenibili e con prezzi sui mercati in crollo.
Le imprese agricole, nel corso del 2009, hanno registrato enormi difficoltà e
perdite di redditività, la crisi è stata incrementata da una flessione della domanda
sia interna, sia estera, determinata dalla crisi internazionale, a tutti gli effetti si è
verificata una flessione sia delle vendite alimentari al dettaglio, sia dell’export
agroalimentare.
È evidente che la scelta obbligata e vincente per la nostra agricoltura è che le
produzioni agroalimentari siano di qualità; questa scelta non nasce solo dalla
difficoltà per le imprese di competere sul fronte dei costi, ma anche dal crescente
ruolo dei consumatori nel sistema economico e dalla centralità che le tematiche
della salute e del benessere dei cittadini hanno giustamente assunto nelle
valutazioni e nelle scelte private e pubbliche.
La strategia della qualità deve riuscire a coniugare efficacemente il rispetto per la
tradizione produttiva con lo sviluppo dell’innovazione, attraverso adeguate
strategie di marketing, di comunicazione e di organizzazione.
Ad esempio la particolare vocazione del nostro Paese alla produzione biologica di
molte colture e allevamenti di pregio, la particolare perizia dei nostri agricoltori,
possono fare proprio del biologico italiano un punto di forza notevole per la nostra
agricoltura di qualità; ecco allora che bisogna intervenire al fine di favorire le
esportazioni dei prodotti tipici dell’agricoltura italiana.
Altro settore fortemente penalizzato è quello bieticolo-saccarifero, a causa della
riforma Ocm zucchero, che ha ridotto del 67% la produzione italiana di zucchero:
oggi solo 4 zuccherifici su 19 sono rimasti in attività.
Gli aiuti nazionali e comunitari sono stati autorizzati fino al 2010 per consentire
l'adattamento del settore alle nuove condizioni, ma questi sono stati erogati solo
fino al 2008 e la mancata assegnazione dei residui sta mettendo in ginocchio il
settore. A tutt’oggi occorrono 86 milioni di euro per garantire l’attività dei 4
zuccherifici rimasti, oltre alla immediata riconversione di quelli dismessi, per
garantire il lavoro ai lavoratori rimasti senza occupazione.
È necessario che vengano reintrodotti gli incentivi sulla rottamazione a vantaggio
della meccanica per l’agricoltura, occorre erogare aiuti mirati al rinnovamento
del parco macchine nell’ottica dell’efficienza, della sicurezza sul lavoro e di uno
sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale.
Il nostro paese ha un parco macchine tra i più vecchi d’Europa e questo arreca
danno alla produttività del settore, oltre che alla sicurezza degli operatori.
Inoltre è fondamentale lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile per favorire il
ricambio generazionale, a tal proposito bisogna incrementare il fondo riservato
proprio all’imprenditoria giovanile.
Le risorse messe a disposizione dell’agricoltura nella finanziaria 2010
provengono per lo più da fondi già a disposizione del settore primario e che le
Regioni, d’intesa con il Governo, avevano deciso di destinare ad interventi nelle
singole filiere.
Per dirne una: per il Fondo di solidarietà Nazionale (lo strumento
immediatamente operativo per prevenire ed aiutare le imprese agricole in
difficoltà economiche, quando si verificano calamità naturali o avversità
atmosferiche eccezionali che compromettono i raccolti e danneggiano le strutture
produttive o le infrastrutture), sono stati previsti 800 milioni di euro in tre anni,
ma i fondi provengono in gran parte dalla risorse destinate ad altri settori
dell’agricoltura, quindi nessuna risorsa aggiuntiva.
L’agricoltura ha chiesto aiuti e finanziamenti per più di un miliardo e mezzo di
euro per uscire dalla crisi, ma persino le proroghe alle agevolazioni fiscali
quantificate in 120 milioni di euro con scadenza al 31 di luglio, hanno una
copertura sottratta alla filiera agro energetica, anche qui solo fondi spostati da
un comparto all’altro.
Una crisi difficile e senza precedenti che si sta rivelando seria ed allarmante per
la quale necessitano misure dirette, concrete e straordinarie; gli agricoltori
stanno vivendo una situazione davvero infelice, una situazione nella quale
perdono redditività di anno in anno.
In sintesi per risollevare il settore occorre:
􀂃 creare misure per favorire l’accesso al credito e la dilazione dei debiti
􀂃 sostenere le imprese per il mantenimento dell’occupazione
􀂃 sostenere e valorizzare i prodotti agricoli biologici
􀂃 monitorare i prezzi dei prodotti agricoli all’origine ed al consumo (lotta
quindi alla speculazione)
􀂃 incentivare la rottamazione delle macchine agricole obsolete, per
rinnovare il parco macchine
􀂃 intervenire al fine di favorire le esportazioni dei prodotti tipici
dell’agricoltura italiana , promuovere quindi il “made in Italy”
􀂃 favorire ed incentivare la filiera corta, per aumentare le opportunità di
offerta di prodotti locali e di qualità, anche con lo scopo di ridurre l’impatto
ambientale dei trasporti e migliorare il consumo stagionale dei prodotti.
Favorire intese commerciali di filiera fra tutti i soggetti interessati
􀂃 sostenere la ricerca, i servizi per l’impresa, l’innovazione
􀂃 sostenere l’imprenditoria giovanile
􀂃 rifinanziare concretamente il Fondo di solidarietà nazionale e creare la
copertura del pregresso 2008-2009, dando vita anche ad una
stabilizzazione triennale del fondo stesso
􀂃 stanziare gli 86 milioni di euro per il settore bieticolo-saccarifero
􀂃 completare l’etichettatura dei prodotti alimentari, sia per garantire i diritti
dei cittadini che per meglio tutelare la salute pubblica;
16 - L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA:
La Giustizia in Italia necessita di riforme strutturali e di sistema.
La riforma strutturale attiene alla organizzazione; la riforma di sistema attiene
alle regole da adottare per migliorare la risposta alla domanda e meglio definire
le categorie dei fatti e delle condotte che ledono gli interessi collettivi o individuali.
Quanto alla riforma strutturale, la nostra proposta è nel nostro Disegno di Legge
che prevede l’istituzione dell’Ufficio per il Processo, la riqualificazione del
personale, l’istituzione di un ruolo tecnico amministrativo, la informatizzazione del
processo, l’archivio sezionale informatizzato delle decisioni, il controllo del
bilancio dei costi dei servizi, la responsabilizzazione nei ruoli.
Quanto alle riforme di sistema, le nostre proposte sono nei nostri Disegni di Legge
che prevedono la riforma del processo penale, del processo civile, del processo
per le controversie di lavoro, del diritto societario e reati societari, delle misure di
prevenzione antimafia.
Come già detto le nostre proposte in materia di giustizia (sono 25 i Disegni di legge
presentati) sono il risultato del lavoro che, nel corso degli anni, è stato prodotto
dalle nostre commissioni di studio. Alcune di queste proposte erano state già
presentate nella scorsa legislatura e, quindi, sono state ripresentate nel corso
della attuale (per alcune proposte è iniziato da tempo l’esame nelle commissioni
parlamentari).
Quattro nostri disegni di legge in materia di giustizia sono stati approvati ma
siccome sono di matrice IDV nessuno ne parla. Ci riferiamo alla istituzione della
Banca dati del DNA, alla disciplina dei prelievi coatti dei profili genetici per
estrarre il DNA, alla ratifica della convenzione internazionale contro la pena di
morte, alla ratifica della convenzione sulla lotta alla corruzione. Altri nostri
disegni di legge stanno per essere approvati (in materia di corruzione in atti privati
e modifica della disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione).
Ovviamente dobbiamo constatare come i nostri DDL più complessi, di sistema e di
struttura, vengano subiti con malessere dalla maggioranza che, non avendo la
capacità di contrapporre un proprio articolato testo, continua ad appropriarsi di
alcune singole norme, per poi spacciarle come proprie (vedasi la norma sulla
disgiunzione della applicazione della misura di prevenzione reale dalla personale,
l’inasprimento del 41 bis, le competenze della Procura Nazionale antimafia,
alcune norme acceleratorie del processo civile nonché in tema di mediazione delle
controversie, l’inasprimento delle sanzioni per alcuni reati, la previsione per taluni
reati di applicazione della misura cautelare in carcere come misura principale).
Non esiste tema alcuno, rispetto al quale l’Italia dei Valori non sia stata in grado di
offrire analisi e proposte. Siamo consapevolmente soddisfatti della capacità di
proposta a 360 gradi, pur se dobbiamo rammaricarci della limitata conoscenza del
dato, in considerazione della disattenzione voluta o colposa da parte dei mezzi di
informazione tradizionali nonché dei nostri limiti comunicativi. Attraverso il nostro
sito, è però possibile sapere tutto della nostra attività (proposte, analisi,
valutazioni, andamento dei lavori parlamentari).
C’è, però, un problema particolarmente serio con il quale dobbiamo confrontarci.
Sia nella legislatura 2001-2006, sia in questa, il governo Berlusconi si è molto
interessato di giustizia, ma con una finalità di utilizzazione personalizzata e non
nell’interesse della collettività. Le leggi approvate nel corso degli anni sono quelle
sulla limitazione delle rogatorie internazionali, sulla “depenalizzazione” del falso
in bilancio e reati societari, sul dimezzamento della prescrizione, sulla rimessione
del procedimento penale in sede diversa, sulla inappellabilità delle sentenze, sulla
sospensione dei processi (Lodo Schifani e Lodo Alfano).
Molte di queste leggi (quasi tutte) non hanno superato il giudizio di costituzionalità.
Ora si prospettano altre leggi chiaramente incostituzionali e dannose per la
collettività (intercettazioni telefoniche e ambientali, cosiddetto “processo breve”,
legittimo impedimento, “rinnovato” Lodo Alfano).
È palese una abnorme interferenza sul sistema giustizia, non nell’ottica
dell’interesse collettivo ma nella, neanche più mascherata, prospettiva di
assicurare l’impunità al presidente del Consiglio, anche se le strade seguite si
manifestano particolarmente dannose per i cittadini.
Questo aspetto è la manifestazione più evidente del degrado della politica e della
deriva della democrazia verso gli aspetti più tipici dei regimi.
L’impegno dell’Italia dei Valori è, quindi, anche volto a contrastare siffatta deriva
autoritaria, con il richiamo sempre necessario ai principi della nostra Costituzione
(in particolare i principi della parità dei cittadini dinanzi alla legge, della
obbligatorietà dell’azione penale, della autonomia della magistratura).
Proprio per difendere il diritto di ogni cittadino ad avere una risposta dalla
Giustizia a cui si rivolge, siamo fermamente contrari al cosiddetto “processo
breve” che altro non è che la “morte del processo” ogni volta che si superi un
tempo prefissato per ciascuna fase. È del tutto evidente che la macchina in
affanno della Giustizia, non essendosi intervenuti riparando il motore, produrrà
una continua “morte” di processi, con il risultato di negare l’accertamento della
verità e la difesa della vittima del reato (ma anche il diritto dell’imputato innocente
a vedere riconosciuta la propria innocenza).
Al danno si aggiungerà danno. Tutto ciò al solo conclamato fine di “salvare” dai
suoi processi, il capo del governo. Ciò è la rappresentazione evidente della
trasformazione della democrazia in monarchia assoluta, condizione in cui il
monarca si costruisce le leggi adattandole ai suoi interessi e convenienze, con
sacrificio dei diritti della collettività.
C’è però una parte della politica che assume la tesi di dover fare opposizione
“dialogando” con il Governo Berlusconi. È, all’evidenza, una strana proposta che
non possiamo accettare dal momento che:
1°: siamo contro Berlusconi, perché al governo c’è Berlusconi e non una ignota
persona.
2°: siamo contro il furto di Costituzione, perché la Costituzione è del popolo e,
quindi, anche nostra.
3°: non possiamo dialogare con il “ladro” di Costituzione, proprio mentre questi
prepara ed esegue il colpo.
4°: abbiamo il diritto ed il dovere, di difendere ciò che ci appartiene e contrastare
chi ci produce un danno.
5°: rivendichiamo il legittimo diritto ad indignarci perché siamo assolutamente
insofferenti agli abusi, alle leggi stracciate e a quelle fatte su misura.
6°: vogliamo una Giustizia efficiente, senza scorciatoie, garante dei diritti e
riparatrice dei torti.
7°: riteniamo che non esista un conflitto tra Giustizia e politica, poiché il conflitto è
tra la mala politica e la Giustizia. Pensiamo, infatti, che il più grave insulto che
possa farsi alla finalità nobile della politica, sia quello di voler coprire con il suo
manto, il malaffare. Pretendere il rigore e la trasparenza, da parte di chi si occupa
della cosa pubblica, è sacrosanto e non possiamo indulgere, senza diventare
complici dei comportamenti scorretti.
8°: riteniamo, al contempo, che dinanzi al sospetto fondato di un abuso della
politica con superamento della linea di discrimine del lecito dall’illecito, la politica
debba, nel rispetto della collettività nel cui interesse opera, fare un passo indietro
e consentire che la Giustizia, con applicazione rigorosa delle regole, svolga il ruolo
ad essa assegnato, ossia di tutela dal delitto e di repressione.
9°: siamo convinti che l’interesse pubblico non debba sopportare le zone grigie e
debba, invece, essere protetto da condotte offensive e accaparratrici.
10°: vogliamo contribuire a realizzare un modello sociale che contempli la
Giustizia, quale precondizione della crescita e dello sviluppo, garantendo al
cittadino il diritto a limitare il rischio di offese e il diritto alla repressione concreta
delle offese subite, nonché il diritto alla lealtà nei rapporti economici, commerciali
e amministrativi.
E poi su quali proposte concrete dovremmo dialogare? Le proposte dell’IDV
esistono e sono articolate nei DDL presentati. Non si conoscono, invece, le
proposte del Governo e della maggioranza, a meno che esse non siano quelle per
garantire l’impunità del Capo del Governo.
L’IDV è pronta, da sempre, al confronto ma, non certamente, su proposte
sciagurate, incostituzionali e contrarie all’interesse della collettività.
Per dimostrare la nostra buona volontà, rilancio qui una nostra proposta, finora
boicottata con troppa disinvoltura dal Governo e purtroppo con superficialità
anche dagli altri partiti dell’opposizione. Mi riferisco alla battaglia portata avanti
dall’Italia dei Valori per l’introduzione nel nostro paese del reato di autoriciclaggio
(vale a dire il reinvestimento in attività lecite di proventi illeciti da parte della
stessa criminalità organizzata).
A gennaio del 2009, in aula al Senato, eravamo riusciti a portare al voto la nostra
proposta di legge (peraltro reiteratamente sollecitata dalla Procura Nazionale
Antimafia, dalla Banca d’Italia e dal Fondo monetario), sennonché, al momento del
voto, la maggioranza (d’intesa con il PD) ha imposto lo stralcio del DDL in
votazione, in concomitanza con un intervento molto critico sul nuovo reato,
apparso, proprio il giorno della votazione, sul Sole24ore.
Allo stato, l’Italia dei Valori, è riuscita solo ad ottenere, la rifissazione dell’esame
in Commissione Giustizia Senato e il relatore (appartenente al PDL) ha
formalmente condiviso il DDL dell’Italia dei Valori. Se si riuscisse ad introdurre,
anche nel nostro paese, il reato di autoriciclaggio, il contrasto alle mafie, sarà
munito dello strumento normativo importante, poiché potrà “inseguirsi” il denaro,
frutto dell’illecito, reinvestito in attività lecita.
Il nostro paese ha necessità di decisioni forti e coerenti per contrastare
l’espansione della criminalità. La maggioranza ed il governo, hanno molto
enfatizzato sul loro impegno nella lotta alle mafie, appropriandosi dei risultati
conseguiti dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Quando, invece, il Governo
e la maggioranza, hanno avuto la piena ed esclusiva titolarità delle iniziative
antimafia, le risposte sono state di segnale contrario della lotta al crimine.
Valgono i seguenti esempi:
a) il mancato scioglimento del comune di Fondi per infiltrazione mafiosa, con
gravissima disapplicazione della normativa esistente;
b) la mancata revoca di mandato governativo al sottosegretario all’economia, on.
Cosentino, accusato ed inquisito per gravissime collusioni con il clan dei casalesi;
c) la mancata introduzione, come detto, del reato di autoriciclaggio;
d) l’aspro attacco al collaboratore di giustizia Spatuzza, da parte del Ministro
Alfano e del sottosegretario Mantovano. Vale rimarcare che il sottosegretario
Mantovano, presiede il Comitato ministeriale per i collaboratori di giustizia, sicché
un eventuale futuro “pentito” di mafia, ben comprende che la sua collaborazione
non dovrà sfiorare il tema del rapporto con la politica, diversamente incontrerebbe
l’ostilità proprio di chi presiede la Commissione che ha il potere di decidere il
destino suo e della sua famiglia;
e) l’applicazione dello scudo fiscale con la norma che esclude (in difformità delle
direttive europee) l’obbligatorietà di segnalazione delle operazioni sospette dei
flussi finanziari collegati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Così, di fatto,
realizzando, un riciclaggio di stato, pulendo il denaro sporco con il pagamento di
una tassa nella misura massima del 5%. Il denaro sporco, frutto di attività illecite
e parcheggiato all’estero, può così rientrare in Italia, contribuendo ad alimentare
la distorsione economica del mercato e l’accaparramento di beni senza il ricorso
al mercato finanziario legale, con la copertura dell’anonimato;
f) la previsione di forte limitazione dello strumento, quale mezzo di prova, delle
intercettazioni telefoniche e ambientali per tipologie di reati, teleologicamente
definiti “reati spia” della operatività delle organizzazioni criminali (usura,
alterazione in pubbliche forniture, reati ambientali, voto di scambio, estorsione,
ecc);
g) l’obbligo di vendita dei beni confiscati alla criminalità organizzata, qualora non
destinati a pubblica utilità nel termine breve di quattro mesi dalla confisca. La
statistica porta alla conclusione che il termine di quattro mesi, di fatto
determinerà la vendita sul mercato dei beni mafiosi con le procedure, peraltro,
semplificate (la norma approvata con la legge finanziaria prevede la vendita a
trattativa privata, qualora il bene non venga assegnato con asta pubblica).
Si prevede, quindi, un preoccupante quadro di disincentivazione della lotta alla
mafia.
In prospettiva, l’economia del nostro paese, sarà massicciamente condizionata
dall’economia mafiosa che, operando senza regole, avrà sempre più una decisiva
presenza, rendendo di enorme difficoltà il ripristino della linea di discrimine tra
economia lecita, leale, trasparente e economia mafiosa e torbida.
Questa breve analisi, porta sempre al medesimo problema: se non si reciderà il
legame tra la mala politica e il crimine, la mafia non potrà essere contenuta nella
sua perniciosa espansione, alla faccia dei proclami e degli slogan del governo.
C’è da osservare che, oggi, le conoscenze sui nuovi equilibri nei vertici delle
organizzazioni criminali, rende particolarmente difficile capire l’entità del nuovo
potere mafioso. Sicuramente, le organizzazioni criminali, dopo l’offensiva subita
negli anni novanta, hanno rigenerato gli apparati e tessuto nuove alleanze
politiche e non è assolutamente avventato l’affermare (in virtù di pregresse
conoscenze del modello mafioso) che gli arresti, lungi da indebolire
l’organizzazione criminale, aiutino la transizione, rincuorata dagli equivoci
comportamenti del Governo: la vicenda Cosentino (analogamente a quelle di
Dell’Utri e Cuffaro) è emblematica di un messaggio al territorio, esattamente
contrario allo slogan sulla sconfitta definitiva del crimine organizzato entro la
legislatura attuale.
La mafia ha orecchie ben aduse a capire la cosiddetta antimafia della mafia,
sempre esistita e funzionalmente accettata e incoraggiata.
Sul fronte del legame con la politica, il contrasto è inesistente e la mafia, nel
frattempo, cambia e si rafforza.
17 – DIRITTO ALLA SALUTE E SISTEMA SANITARIO:
La salute è un diritto universale e costituzionalmente garantito che però nel
nostro paese non sempre viene assicurato a tutti con pari opportunità. Ciò dipende
soprattutto dal fatto che per la sanità si spreca molto e si sta poco attenti alla
qualità (fatte ovviamente le debite eccezioni, sia territoriali che di eccellenze,
sparse qua e là).
Il deficit della sanità italiana ha una duplice origine: da un lato è conseguenza di
una sorta di sottofinanziamento dello Stato, attuato allo scopo di contenere la
spesa sanitaria, dall’altro è figlio di sperperi insostenibili, finalizzati ad alimentare
privilegi personali, clientele politiche, consulenze ed apparati burocratici inutili. I
vertici sanitari, infatti, sono troppo spesso appannaggio di personaggi nominati
dalla politica che di sanità ne capiscono ben poco mentre capiscono molto come
sprecare i soldi pubblici per clientele e nepotismi.
Assistiamo quotidianamente a lottizzazioni spartitorie finalizzate ad accaparrarsi
questo o quel primario poiché ha la tessera di partito. Una vera vergogna. Ne è un
esempio l’immobilismo delle Aziende sanitarie locali nell’applicare le disposizioni
della manovra finanziaria del ’92, che stabiliva la soppressione dei “punti nascita”
improduttivi e cioè con meno di 500 parti l’anno, oppure delle unità operative
complesse con meno di 25 posti letto, o degli stessi ospedali, che, anche nelle
zone disagiate, con meno di 120 posti letto.
Per la politica clientelare che domina il settore, invece, accorpare equivale a
rinunciare a potenziali pacchetti di voti, e quindi, ogni provvedimento viene rinviato
all’infinito. Accade, quindi, come in Campania, che i punti nascita con meno di 400
parti rappresentino il 35% del totale, mentre il numero delle unità operative
complesse con meno di 25 posti letto siano più del 40%..
Insomma, in Italia è molto diffusa la visione della sanità come luogo di privilegi,
d’intrallazzi e di malaffare. Lo testimoniano le recenti inchieste dell’Abruzzo, della
Puglia e della Lombardia.
In Italia purtroppo vige ancora un sistema sanitario sempre più autoreferenziale,
con la permanenza in servizio di persone in ruoli apicali (i cosiddetti “baroni”),
spesso incompetenti, seduti comodamente sul proprio trono da decenni, invalutati
e invalutabili, praticamente intoccabili! Questo cozza contro ogni logica di mobilità,
elasticità e di merito che è richiesto al giorno d’oggi a professionisti di questo
livello.
Congresso Nazionale Italia dei Valori
Inoltre la politica governativa insiste – per motivi di bassa cucina clientelare – nel
volere riservare a sé (e senza concorso) le nomine dei Direttori Generali ed a
costoro poi spetta di nominare i Primari scegliendoli da una terna ricavata da un
concorso (che spesso è solo una farsa). Analogamente anche i direttori di
dipartimento non sono più eletti, ma nominati dal direttore generale (e quindi dalla
politica), secondo uno schema che ha dell’incredibile poiché vede il direttore di
dipartimento in un doppio ruolo, quello di coordinatore e di coordinato.
Anche i posti di prestigio, come quello di dirigente di struttura complessa, di
ricercatore universitario, professore associato od ordinario sono occupati o
“prenotati” da oggi al 2030. In ognuno di questi circuiti tutti sanno che i primi sono
ad appannaggio del figlio di Tizio, i secondi per quelli di Caio e così via fino a data
da destinarsi.
E’ deprimente constatare che in Italia, per accedere alla dirigenza medica (ma
anche amministrativa) è indispensabile essere in quota al partito politico che in
quella Regione detiene il potere. La parola d’ordine è “così fan tutti” dalla
Campania alla Lombardia e così via. Chi è bravo ha una sola possibilità:
espatriare.
Lo stesso accade nelle università italiane, dove nel corso degli anni cambiano i
nomi, ma i cognomi restano gli stessi, a dispetto, delle professionalità emergenti e
dei meriti. Le idoneità dei figli, dei parenti e degli amici che non si possono
ottenere in “sede” vengono acquisite in altre facoltà (“scambio di favori tra
baroni”: oggi il mio, domani il tuo) e si trasformano in ruoli apicali chiamati dalle
nostre Facoltà contro ogni programmazione, ogni logica e al di fuori di qualsiasi
regola e condivisione.
Il modello della sanità che noi di IDV proponiamo, invece, vuole rompere questi
schemi, vuole spezzare l’anello che lega perversamente la politica con la sanità e
selezionare la dirigenza medica attraverso il merito. Vogliamo cioè provvedere –
anche con riferimento al settore sanità - al “ricambio generazionale della
dirigenza medica”, partendo da un nuovo sistema di reclutamento, di tipo
meritocratico e sganciato dalla politica.
Vogliamo da subito creare le condizioni per favorire il rientro dei cervelli
dall’estero, premiare i nostri ricercatori che sono rimasti ed includere anche
quelle professionalità che provengono da altre nazionalità ed etnie. Per
recuperare queste eminenze grigie non bastano semplici leggine ad hoc, ma
bisogna creare le premesse e le condizioni per il loro rientro, e ciò è possibile se si
mette al primo posto cospicui stanziamenti e fondi per la ricerca, sia dal pubblico
che dal privato. Non basta, cioè, offrire un posto, quasi sempre a tempo definito,
nelle nostre università, per favorire il rientro dei migliori.
Riteniamo inoltre imprescindibile procedere al più presto alla razionalizzazione ed
all’accorpamento delle strutture sanitarie. Accorpare per ridurre le spese ed
aumentare l’efficienza. Accorpare significa ridurre i costi di gestione, condividere
personale tecnico e ed amministrativo, ammortizzare più velocemente gli
investimenti tecnologici come TAC, RMN, ma significa anche sopprimere le
strutture che non hanno i requisiti strutturali ed organizzativi minimi.
Purtroppo, ancora oggi, nonostante i conti in rosso delle nostre aziende sanitarie
locali (ASL) e nonostante che l’offerta di ospedalizzazione superi la richiesta, non
vediamo applicare misure drastiche come la chiusura degli ospedali inutili. Anzi,
moltiplicazioni di reparti identici (per lo più vuoti) nello stesso distretto, surplus di
personale apicale nell’area medica (spesso reclutato senza regolare concorso)
privo di un numero adeguato di posti letto (cioè primari senza reparto), personale
amministrativo improduttivo e decentralizzato e costi burocratici alle stelle sono
all’ordine del giorno e costituiscono una costante in molte ASL.
Dall’agosto del 2001 lo Stato ha demandato alle Regioni il compito di gestire la
spesa sanitaria. Spesa che il più delle volte si è rivelata una voragine che ha
Congresso Nazionale Italia dei Valori
portato al dissesto finanziario di alcuni bilanci regionali. Lazio, Campania, Sicilia,
Abruzzo, Molise e Liguria hanno il primato delle “mani bucate” nel grigio
panorama nazionale. Purtroppo a risentirne è tutto il bilancio pubblico, giacché poi
al risanamento deve comunque provvedere l’Erario (mentre i dirigenti incapaci e
spesso corrotti e collusi la fanno sempre franca fra un’amnistia e l’altra e da
ultimo anche grazie al famigerato “processo breve” che ha azzoppato la possibilità
per la Corte dei Conti di chiedere il risarcimento dei danni).
Appare evidente che davanti ad un deficit sanitario così drammatico non esiste una
formula magica. Tuttavia l’Italia dei Valori propone una politica della
responsabilità dei comportamenti e del rigore attraverso l’istituzione di un “Albo
unico nazionale dei Direttori Generali” costituito da professionisti di comprovata
esperienza ed efficienza, con il compito di adottare misure imprescindibili per un
graduale rientro della spesa sanitaria e la migliore ottimizzazione delle risorse
disponibili.
Proponiamo anche di rendere obbligatorio per tutte le Regioni la creazione di un
Centro Unico per gli Acquisti affinché il costo di un catetere, di una siringa o di una
fleboclisi ( e così via) non sia diverso tra ASL e ASL o tra regione e regione.
Vogliamo poi elevare e rendere omogenei su tutto il territorio nazionale il livello
delle prestazioni ponendole in linea con gli standard europei.
Oggi, di fatto, non interessa a nessuno se in un ospedale guarisce solo un paziente
su 100 operati, ma interessa fare molte prestazioni, per assicurarsi maggiori
entrate. Ciò dipende soprattutto dal fatto che la dotazione delle risorse per Unità
Operativa è attribuita in funzione del numero di prestazioni
(uomo/attrezzature/costi farmaco) erogate. Nessuno si sogna di chiedere
l’efficacia o l’adeguatezza delle performance erogate, ma solo il numero. Più
numeri uguale più risorse. Al paziente invece interessa guarire e non essere
considerato un numero. Pertanto, proponiamo di retribuire le prestazioni sanitarie
solo se esse garantiscono al paziente gli standard qualitativi di riferimento
europeo. Solo così, la politica, che ancora oggi ha enorme potere decisionale nel
campo della sanità, sarà costretta ad assumere i migliori professionisti del settore
e retribuirli in base ai risultati, ponendo obiettivi prefissati dal momento
dell’assunzione.
E’ necessario anche che sul territorio venga realizzata periodicamente (ed
obbligatoriamente) una conferenza dei servizi, che abbia come obiettivo la
conoscenza e la soluzione dei problemi che affliggono i cittadini. “Di cosa hanno
bisogno? Di cosa si lamentano?” dovrebbe chiedersi la politica. Oppure,
“l’ospedale è troppo distante; l’ospedale è sporco; l’assistenza è carente in alcune
branche; le attese per ottenere una prestazione sono troppo lunghe; si ignorano le
percentuali delle complicanze post-operatorie; le prenotazioni telefoniche sono un
miraggio” e così via: questi i temi che la politica dovrebbe affrontare quando tratta
una materia così delicata come la salute per dare risposte certe al cittadino.
L’Italia dei Valori è sempre stata favorevole all’istituzione del Ministero della
salute. È necessario e giusto avere un dicastero che si dedichi interamente al
sistema sanitario del nostro Paese, in tutti i suoi numerosi aspetti. Riteniamo
inopportuno, e lo abbiamo sempre dichiarato, concentrare su una sola figura la
responsabilità di materie fondamentali, ma profondamente eterogenee quali il
Lavoro, la Salute e le Politiche Sociali. In quasi tutta l’Europa esistono dei
Ministeri dedicati alla Salute e la motivazione non può che essere una: la
delicatezza e l’importanza della materia trattata. La Sanità è un insieme ampio di
problematiche, di temi, di criticità che devono essere affrontate con impegno,
attenzione e con il massimo delle energie e delle risorse a disposizione. Si tratta
di problematiche, temi e criticità che insieme devono garantire ai cittadini, tutti, il
diritto alla salute, i livelli di assistenza essenziali (LEA) omogenei sul territorio e
per tutte le fasce economiche e sociali.
Purtroppo, il nostro Paese presenta delle anomalie che colpiscono il settore
sanitario a diversi livelli; da quello strutturale a quello manageriale, da quello
economico a quello geografico. La malasanità è una piaga diffusa a livello
mondiale, ma in Italia i problemi aumentano ogni giorno di più. Strutture
ospedaliere inefficienti. Disparità tra nord e sud del Paese. Indisponibilità, o
incapacità di utilizzare al meglio le risorse economiche. Legami troppo forti e
spesso “malati” tra sanità e politica, che finiscono per infangare e compromettere
la regolarità e la stabilità di tutto il settore. Per tutti questi motivi l’Italia dei Valori,
crede fermamente che un Ministero della Salute in Italia sia quanto mai
necessario. Tutto questo, in ogni caso, non vuole sottrarre nulla all’autonomia
delle regioni in campo sanitario, sancita dal Titolo V della Costituzione, ma
crediamo che un raccordo a livello nazionale delle politiche sanitarie regionali sia
importante per il buon andamento e per il positivo ed omogeneo sviluppo della
sanità in tutta la penisola.
Altri punti fondamentali del programma IDV in materia sanitaria, sono:
a. costituzione di reti di eccellenza: contro il cancro,il dolore, le malattie
cardiovascolari ed area delle neuroscienze;
b. definire e rendere obbligatori i livelli essenziali di Assistenza (LEA);
c. definire standard minimi di quantità di prestazioni negli ospedali;
d. definire e verificare i tempi di attesa;
e. ridefinire e riprogettare i CUP (Centri Unici di Prenotazione);
f. riqualificare gli strumenti per la valutazione e la misurazione dei livelli di
assistenza e delle prestazioni erogate;
g. monitorare il consumo farmaceutico collegando tutta la rete
assistenziale: dal medico di famiglia, all'ospedale, dall'assistenza
domiciliare all'assistenza di tipo residenziale.
Congresso Nazionale Italia dei Valori
h. definire modelli di emergenza e di sicurezza in emergenza (l’ospedale
sede di Pronto Soccorso deve assicurare, oltre agli interventi
diagnostico-terapeutici di urgenza compatibili con le specialità di cui è
dotato, almeno il primo accertamento diagnostico, clinico, strumentale e
di laboratorio e gli interventi necessari alla stabilizzazione del paziente,
nonché garantire il trasporto protetto);
i. definire linee guida nazionali per i Sistemi 118 con modelli formativi
specifici e valutazione dei costi e dei fabbisogni assistenziali;
j. definire e classificare le prestazioni assistenziali residenziali e
semiresidenziali nonché le prestazioni di assistenza primaria e le
prestazioni domiciliari con un modello omogeneo sul territorio
nazionale;
k. identificare l’elenco dei centri di riferimento nazionale per l'alta
specialità e per le malattie rare con omogeneità di trattamento clinico
sulla base di protocolli e linee guida condivise ed uniformi sul territorio
nazionale;
l. rilevare i costi reali dei vari modelli, dell’assistenza ospedaliera e dei
LEA;
m. prevedere un sistema di sorveglianza nazionale delle diverse patologie e
dei fattori di rischio (indispensabile per tutti i progetti di prevenzione).
18 – LAICITA’ DELLO STATO:
Nel sistema politico italiano da molti anni è in corso un processo che vede portare
avanti una campagna sempre più ostile alla laicità dello Stato.
Tale processo si innesca proprio con la scomparsa di un grande partito di massa
come la Democrazia Cristiana al quale era ufficialmente riconosciuta la
rappresentanza politica dei cattolici da parte delle altre forze politiche, delle
rappresentanze sociali e della stessa Chiesa. La DC era forte abbastanza da poter
conciliare l’ispirazione cattolica con il rispetto assoluto della laicità dello stato.
I partiti che sono nati dopo il 1994 ed hanno occupato il fronte moderatoconservatore,
non potendo vantare il monopolio della rappresentanza politica dei
cattolici, hanno tentato di instaurare un rapporto privilegiato con le gerarchie
ecclesiastiche attraverso un’azione politica improntata all’estremismo ideologico
e volta a dividere, invece che ad unire, le diverse culture di cui si compone la
complessa società del XXI secolo.
A seguito di questa impostazione tutto è diventato terreno di scontro, dalle
politiche sociali, dove si distingue tra famiglia fondata sul matrimonio e famiglia di
fatto, alle politiche della sanità, dove i progressi della scienza e della tecnica
hanno dato vita ad una realtà completamente diversa da quella di venti anni fa.
Italia dei Valori riconosce e professa la laicità dello Stato.
Non perché siamo contro le politiche sociali e le dottrine della Chiesa cattolica ma
proprio perché vogliamo che a tutti – cattolici e non – sia garantito il diritto di
professare la propria religione.
Vogliamo – da forza di sani principi liberali quali siamo - che lo Stato garantisca i
diritti fondamentali di tutti, per il solo fatto di esistere, indipendentemente dalla
religione, dal colore della pelle o dall’etnia di appartenenza.
19 – TESTAMENTO BIOLOGICO:
Per quanto riguarda la legge sul Testamento biologico, ora all’esame della XII
Commissione della Camera, riteniamo inaccettabile l’attuale disegno di legge sia
perché vieta che l’alimentazione e l’idratazione artificiali possano essere oggetto
di dichiarazione anticipata ma soprattutto per l’impianto generale del testo. In
essa si afferma, infatti, un principio che si sperava fosse definitivamente
scomparso con la fine dei regimi totalitari che hanno avvelenato il XX secolo, il
principio che è lo Stato, sulla base di concetti etici e religiosi, ad avere diritto di
vita e di morte su una persona.
Uno dei più gravi difetti di questa legge è quello di introdurre una netta disparità
tra i diritti della persona cosciente e quelli della stessa persona quando si trova in
stato di incoscienza. Nel primo caso all’individuo, attraverso il principio del
consenso informato, viene riconosciuto il diritto pieno di rifiutare anche cure vitali.
Tale pieno diritto all’autodeterminazione, contemplato dall’articolo 32 della
Costituzione, viene però completamente disatteso se la persona si trova in stato di
incoscienza e, dunque, non è in grado di affermare con le proprie forze la sua
volontà neppure quando la persona si sia preoccupata di renderla esplicita in
modo anticipato, sotto forma di testamento biologico.
E’ evidente che questa impostazione assicura al soggetto più forte, come è la
persona pienamente cosciente, il riconoscimento di pieni diritti, mentre al
soggetto più debole, come la persona incosciente, non è riconosciuta alcuna tutela
e la sua vita, la sua dignità e la sua volontà sono completamente rimesse nelle
mani dello Stato.
Per noi di IDV, che ci riferiamo a codificati principi di democrazia laica e liberale di
stampo europeo, è fondamentale che sia riconosciuto all’individuo e solo ad esso il
pieno diritto alla libertà e all’autodeterminazione, che non può e non deve essere
minimamente coartato dallo Stato. Il che vuol dire che, per l’Italia dei Valori, lo
Stato deve fare di tutto per difendere la vita di un individuo, che è certamente
preziosa e intangibile, da qualsiasi pericolo esterno, ma non deve obbligare una
persona a vivere in una condizione che la stessa considera lesiva della propria
dignità di essere umano.
Per questo, siamo contrari all’eutanasia, già vietata dagli articoli 575, 579 e 580
del codice penale, ma siamo invece fervidi sostenitori degli articoli 2, 13 e 32 della
nostra Carta Costituzionale.
Davanti a coloro che urlano per mistificare la realtà, l’Italia dei Valori deve avere il
coraggio di ragionare e ricordare a tutti che il consenso informato, che è oggi un
caposaldo del rapporto medico paziente, si è affacciato per la prima volta in Italia
a seguito di una sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 1967. Ma
soprattutto dobbiamo ricordare con forza che l’Italia con la legge 145 del 2001 ha
ratificato la Convenzione di Oviedo, che all’articolo 9 stabilisce che “per quanto
riguarda un intervento medico riguardante un paziente che al momento
dell’intervento non è in grado di esprimere il proprio volere, devono essere presi
in considerazione i desideri da lui precedentemente espressi”. Ciò significa che si
potranno disciplinare alcuni dettagli relativi alle modalità di manifestazione della
volontà del paziente. Ma la scelta di principio è stata fatta attraverso la legge di
ratifica, e questa scelta non può essere revocata senza violare un impegno
internazionale assunto dall’Italia.
20 – DIRITTI CIVILI:
L’Italia dei Valori è innanzitutto sostenitrice della famiglia ed è per questo che, a
differenza del governo, che continua a ridurre i fondi a disposizione per le politiche
della famiglia e per le politiche sociali, propone interventi a loro sostegno, come
ad esempio una politica di incentivi alle detrazioni fiscali per famiglie numerose.
Noi che abbiamo fatto parte del governo Prodi rimaniamo sgomenti nel constatare
come quel Governo, che con manifestazioni di piazza fu accusato di essere nemico
delle famiglie, nella sua ultima legge Finanziaria stanziò ben 276 milioni e 462
mila euro, contro i 185 milioni e 289 mila dell’ultima finanziaria di questo governo.
Guardiamo però con favore all’ampliamento della sfera dei diritti anche per le
famiglie di fatto, per i conviventi, anche dello stesso sesso.
Riconoscere il diritto di accedere ai servizi sociali, alle politiche della casa, alla
scuola, anche a costoro – come per tutti coloro che si riconoscono nella famiglia
Congresso Nazionale Italia dei Valori
tradizionale – è un atto di dignità sociale a cui non possiamo rinunciare perché la
nostra Costituzione riconosce a tutti i cittadini di essere uguali di fronte alla legge,
indipendentemente dalle loro scelte sessuali o di tipo di convivenza. Riconoscere i
conviventi, anche dello stesso sesso, che dividono il tetto magari per dividere le
spese e resistere ad una crisi che continua a mordere, non toglie nulla alla
famiglia tradizionale fondata sul matrimonio.
21 - LA QUESTIONE IMMIGRAZIONE:
Noi, donne e uomini dell’Italia dei Valori, di fronte ai gravissimi fatti di Rosarno
denunciamo - oltre a situazioni di vergognoso sfruttamento e a drammatici casi di
riduzione in schiavitù, oltre al ruolo svolto dalla criminalità organizzata – la
completa assenza di una vera politica di regolazione e controllo dei flussi
migratori da parte di un Governo che, sul problema, sa soltanto fare propaganda e
alimentare paure diffuse, cui si accompagna il razzismo strisciante, condensato
nell’equazione immigrazione = criminalità, delle volgari (ancorché studiate) parole
recentemente pronunciate dal Premier Berlusconi a Reggio Calabria.
Tuttavia, ciò non toglie l’esistenza di un disagio e di una percezione diffusa di un
fenomeno che pare fuori controllo. Basti pensare a ciò che si registra in una città
come Prato, città non del profondo sud ma della ricca e civilissima Toscana, dove
la comunità cinese ha, di fatto, creato una sorta di zona franca dove lo Stato
italiano non entra, non ha voce e non sa far rispettare le proprie leggi. Qui, ne
siamo pienamente consapevoli, esiste un gravissimo problema di immigrazione
illegale, di lavoro al nero, di evasione fiscale, di sfruttamento minorile, che non si
può più tollerare né giustificare ma – altresì - crediamo che non si possa assistere
a tutto questo con le sole armi della rassegnazione e con malcelata sopportazione.
Sappiamo bene che complice di tutto questo malessere è anche un clima sociale
dove si impastano inevitabilmente una non risolta crisi economica (e tutt’altro che
in via di risoluzione) con la difficoltà di dover far fronte alla quotidianità che non dà
tregua e con una crisi occupazionale che sta investendo varie realtà del Paese (da
Termini Imerese a Portovesme, dal Piemonte alla Puglia e alla Campania).
Insomma, sembra proprio stia avanzando un lento, insinuante e nello stesso
tempo persistente, cambiamento radicale delle coscienze delle persone e che,
purtroppo, in questi anni si sono verificati tanti episodi, di volta in volta
colpevolmente minimizzati un po’ a tutti i livelli, che ci danno, invece, un chiaro
segno di una involuzione nei rapporti tra persone, di un diverso colore, di una
diversa etnia, di una diversa religione; proprio per questo non si può sottacere la
chiara regressione culturale a uso e consumo e a supporto di una legiferazione
che appare sempre più cinica, sotto la spinta di una forza politica come la Lega
Nord che spinge in una direzione che non ci piace, e che mina alla radice la
convivenza sociale.
A fronte di questa ‘incultura’, noi possiamo opporre la forza di un partito laico -
come è e intende continuare ad essere Italia dei Valori – che sa riconoscersi in
tutte quelle culture progressiste e riformiste, da quella liberale dei diritti
dell’uomo a quella della giustizia e dell’equità sociale, a quella della solidarietà e
della tolleranza. Per questo, il nostro impegno deve essere la valorizzazione di
queste specificità, ma anche quello di allargare gli orizzonti della nostra politica
culturale, proiettarli in contesti sempre più globali, affinché non ci sia solo un
consumo di cultura, ma anche una sua produzione e costruzione.
Il che necessariamente, nel rispetto delle differenze, deve tradursi nell’apertura
alle altre culture. Apertura intesa come arricchimento reciproco e grande
occasione di rinnovamento del pensiero.
Il che impone anche la necessità di riaprire una riflessione sulla complessa
gestione dei centri per migranti che, nonostante siano stati istituti ormai da più di
un decennio, sembra ancora ispirata da un approccio emergenziale e in larga
parte lasciata alla discrezionalità dei singoli enti gestori. Un’impostazione - come
recentemente ha denunciato anche l’Associazione di Medici senza Frontiere -
desumibile dall’assenza di linee guida per la gestione dei centri redatte a livello
centrale, di attività sistematiche di controllo di organismi terzi e specializzati, dalla
rigida centralizzazione dell’intera gestione nelle mani dei singoli enti, nonché dalla
scarsa trasparenza verso l’esterno, come testimoniato dal rifiuto del Ministero
dell’Interno di rendere disponibili a MSF le convenzioni stipulate tra i singoli enti
gestori e le locali Prefetture.
Il governo dell'immigrazione, quindi, ha bisogno di interventi, almeno, sui seguenti
aspetti:
- modificare radicalmente la normativa vigente (oggettivamente
‘clandestinogena’) a partire dalla legge Bossi-Fini che, in nome della
‘sicurezza’, si caratterizza per un sistema complesso di procedure e
irrazionali disposizioni che finiscono con l’incentivare la clandestinità e
l’intervento speculativo e di delinquenziale intermediazione delle grandi e
piccole organizzazioni criminali;
- prevenire e contrastare l'immigrazione clandestina direttamente nel paese
di origine, anche intensificando l'attività delle Ambasciate per quanto
riguarda le domande presentate per favorire l'immigrazione regolare di
coloro che hanno parenti e/o famigliari in grado di garantire un percorso di
inserimento sociale e lavorativo;
- favorire gli accordi con gli stati a maggiore pressione migratoria per
incentivare la cooperazione economica e sciogliere i nodi economici che
costituiscono un rilevante motivo di migrazione;
- in Italia, elaborare una nuova e organica normativa in materia di asilo
politico che offra, di intesa con le Regioni, reali opportunità di inserimento;
- abolire il reato di immigrazione clandestina che produce solo un effetto
riempimento delle carceri ed ha dimostrato di non essere in grado di
contrastare la clandestinità;
- ’nazionalizzare’ e consolidare coloro che risiedono in Italia da diversi anni,
facilitando l'accesso al permesso di lunga durata (ex carta di soggiorno),
rivedendo anche la normativa sulla cittadinanza basandola sullo jus soli,
che consente ai nati in Italia di diventare cittadini italiani;
- ridurre i tempi per l'acquisto della cittadinanza italiana;
- a scuola rafforzare il sistema di insegnamento della lingua italiana con
corsi specifici, con l'inserimento di mediatori linguistici per favorire
l'inserimento scolastico, con forte investimento da parte del Ministero della
Pubblica Istruzione;
- fare in modo che la prevenzione sanitaria e la profilassi sia anche per i
clandestini, onde evitare pericolosi fenomeni di malattie infettive;
- favorire il passaggio di funzioni dalle Questure ai Comuni almeno
(inizialmente) per i soggiornanti di lungo periodo, il che permetterebbe di
sgravare le forze dell'ordine di una inutile funzione burocratica.
Ricordando, infine, che la nostra Carta Costituzionale, così come l’intero sistema
delle Dichiarazioni e delle Convenzioni Internazionali, riconosce diritti e reclama
adempimento di doveri per tutti gli esseri umani, ancorché non formalmente
cittadini italiani.
22 – POLITICA ESTERA E RELAZIONI INTERNAZIONALI:
Anche nelle relazioni internazionali, IDV considera cogente il dettato della nostra
Carta costituzionale, che - all’art. 11 - espressamente “ripudia la guerra come
mezzo di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento di risoluzione delle
controversie internazionali”.
In tale contesto costituzionale e tenuto conto della necessità di operare insieme
agli altri Stati per la pace e la cooperazione fra i popoli, IDV si impegna per:
a) il rafforzamento delle Nazioni Unite, troppo esposta ai poteri di veto
incrociati. Si rende necessaria, a tal fine, una riforma radicale
dell’Organizzazione, per assicurare ad essa maggiore autonomia ed
indipendenza rispetto al peso dei singoli Stati;
b) il multilateralismo quale regola delle relazioni internazionali. IDV è convinta
che partendo dai vari “G” (G7, G8, G14 e G20) si debba quanto prima arrivare
ad un GTUTTI;
c) il blocco e l’eliminazione di ogni armamento atomico. IDV considera
necessario un segnale chiaro in tale direzione a partire degli Stati già dotati
di armi nucleari e ciò anche al fine di rendere credibile il divieto di
armamento atomico che si vuole imporre agli altri Stati;
d) un’efficace azione internazionale contro il terrorismo, con strumenti e
metodi adeguati ad un fenomeno che può e deve essere affrontato al di
fuori delle tradizionali azioni militari di guerra;
e) la conferma delle missioni di pace, veramente ed esclusivamente tali,
concordate nelle sedi internazionali. I militari, i volontari e i cooperatori
italiani hanno svolto e svolgono un ammirevole compito e rischiano (ed a
volte perdono) anche la vita. IDV insiste affinché si faccia maggiore
attenzione alle condizioni nelle quali l’Italia e la comunità internazionale
sono chiamati ad operare. Bisogna avere anche i coraggio e l’umiltà di
riconoscere che, laddove interviene – come in Afganistan – un radicale
mutamento delle ragioni iniziali per cui la missione di pace è stata disposta,
si ponga con determinazione l’urgenza e l’importanza di una exit strategy;
f) il rafforzamento del processo di integrazione europea, con l’estensione di
competenze e settori di intervento al fine di evitare che l’Unione Europea si
riduca solo ad un’unione monetaria e finanziaria. IDV sostiene, perciò, un
più incisivo ruolo del Parlamento europeo e la riduzione progressiva del
peso dei singoli Stati. A tal fine auspichiamo la concreta attuazione di un
Responsabile unico della politica estera europea.
g) Un’attenzione particolare alle forze armate e di polizia, per permettere a
questi servitori dello Stato di meglio affrontare i nuovi e fondamentali
compiti di sicurezza e di legalità, interna ed internazionale;
h) la moltiplicazione e la concreta attuazione di Convenzioni internazionali, in
materia di diritti dei popoli e degli individui, in materia di sviluppo
economico, scientifico, formativo, ed in materia ambientale;
i) la cooperazione internazionale per il superamento della fame di vastissime
aree del modo. IDV considera inaccettabile la esiguità delle risorse
destinate alla Cooperazione. IDV si impegna a contrastare con ogni mezzo
le troppe speculazioni dei faccendieri e l’uso immorale di tali risorse da
parte di regimi dittatoriali e corrotti;
j) una forte iniziativa ed una adeguata normativa in tema di diritti dei migranti,
che valga a far cessare la tragedia dell’immigrazione clandestina e
riconduca la mobilità, pur nel rispetto dei popoli ospitanti, ad una
condizione rispettosa dei diritti umani. IDV si impegna per una forte azione
interna ed internazionale contro le organizzazioni criminali che sfruttano i
fenomeni migratori;
k) un’efficace collaborazione internazionale contro al criminalità organizzata
transnazionale, a partire dalla Convenzione di Palermo, presentata
dall’ONU nel 2000;
l) un’ efficace azione internazionale per il riconoscimento dell’acqua come
diritto universale e non come un bene di valore commerciale. IDV si
impegna per sottrarre l’acqua al crescente controllo speculativo delle
multinazionali;
m) una disciplina internazionale delle fonti energetiche e del commercio, per
contrastare sfrenate tendenze monopolistiche e neocoloniali;
23 – PER UNA EUROPA FEDERALE:
Italia dei Valori, guardando con coraggio la visione dei padri fondatori, si riconosce
nel Manifesto di Ventotene e ambisce alla creazione di un'Europa federale che
superi tutte le barriere e le divisioni al suo interno.
Ogni individuo non dovrà avere più un semplice sentimento di appartenenza
ristretto e confinato a un singolo stato federale ma dovrà considerarsi prima di
tutto cittadino europeo di un´Europa basata su giustizia, uguaglianza, pace e
collaborazione tra i popoli.
Gli Stati Uniti d’Europa sono l'obiettivo del nostro percorso ideale perché proprio
tramite gli Stati Uniti di Europa sapremo proteggere meglio i diritti dei cittadini e
promuoverne le occasioni di vita rispetto a quanto possano fare un’Europa di
nazioni o un’Europa unita come quella di oggi ancora fortemente intergovernativa.
Anche nell'impegno federalista ci riconosciamo nella battaglia per l'Europa unita
dei Democratici e dei Liberali dell'Alde e dell'Eldr.
La prospettiva federalista è l’occasione per realizzare un governo più prossimo ai
cittadini, semplificato, rappresentativo delle comunità. Come italiani abbiamo
bisogno di un´Europa che sia più unita, senza il rischio che le nostre tradizioni e la
nostra cultura siano cancellate o dimenticate.
Gli Stati Uniti d'Europa sono una sfida virtuosa per un migliore utilizzo dei fondi
verso settori innovativi e trainanti che potrebbero rimettere in moto talenti, risorse
e rilanciare uno sviluppo civile e sociale.
24 –IDV NEI LIBERALI DEMOCRATICI RIFORMATORI EUROPEI:
Italia dei Valori , da tempo , aderisce e partecipa alla direzione e attività di ELDR, la rete
politica che rappresenta i partiti che, in Europa, si ispirano a valori Liberali, Democratici,
Riformatori. ELDR rappresenta e coordina 56 partiti in 40 Stati ( 13, oltre i 27 Stati
membri dell'Unione Europea).
Il gruppo parlamentare di riferimento in Parlamento Europeo è il Gruppo ALDE, Alleanza
Liberali Democratici Europei. Nel Gruppo ALDE sono iscritti 84 eurodeputati ; di essi 7
sono stati eletti nelle liste IdV.
La adesione IdV a ELDR e ALDE non è , soltanto , motivata dalla scelta di non aderire agli
altri due maggiori gruppi ( quello popolare e quello socialista ) , che appaiono legati a
logiche da recinto ideologico , proprie della politica europea negli anni della guerra fredda.
Italia dei Valori aderisce convintamente a ELDR e ALDE, per ragioni forti e positive ,
proprio per la sua natura di formazione politica , post ideologica , nata non da contrasti tra
quanti condividono una comune scelta ideologica , non per scissione di altro partito o di
altri partiti , ma per adesione di uomini e donne con storie e identità diverse ad un comune
progetto di valori.
Donne e uomini uniti da un comune progetto , adeguato a nuovi tempi , di rispetto di diritti
fondamentali della persona umana, messi a rischio , in Europa e drammaticamente in
Italia , da nuove forme di eversione.
Il riferimento a valori liberali, democratici, riformatori non può esaurirsi , pertanto , in
forme e secondo accezioni tradizionali , proprie dei tradizionali partiti liberali del secolo
scorso.
La nostra adesione è motivata dal convincimento che la libertà è valore/diritto importante ,
ma oggi inadeguato senza un pari riferimento al valore/diritto della eguaglianza.
Il tempo della contrapposizione tra partiti della libertà e partiti della eguaglianza è alle
nostre spalle.
Oggi è possibile , e necessario , coniugare insieme libertà ed eguaglianza e , in una
dimensione globale, promuovere il valore della fraternità.
La circostanza che , con il processo di integrazione europea , le Alpi sono sempre meno
linea di separazione dell'Italia dal continente europeo , fornisce una sponda di
straordinario significato alle azioni di contrasto ai tentativi eversivi dell'attuale governo e
alle iniziative IdV per la difesa e promozione della legalità dei diritti.
SINTESI DEL PROGRAMMA
1. Lavoro
Per evitare i licenziamenti si deve generalizzare i contratti di solidarietà e
raddoppiare la cassa integrazione ordinaria da 52 a 104 settimane
Disporre ammortizzatori sociali a favore di tutti coloro che ne sono privi
Abbattere il costo del lavoro per favorire le assunzioni a tempo
indeterminato
Stabilire un salario minimo d’ingresso per i giovani pari ad almeno 1000
euro al mese
Recuperare l’evasione fiscale da destinare “metà e metà”: 50% per
abbattere il debito dello Stato e 50% per ridurre le tasse sui lavoratori
Tassare con aliquota minima gli aumenti salariali dei prossimi contratti
nazionali
Semplificare i contratti di assunzione in un'unica tipologia di inserimento
lavorativo: l’apprendistato
Detassare la tredicesima mensilità per l’anno 2010
Individuare più stringenti sistemi e controlli per garantire la sicurezza sui
luoghi di lavoro
Prevedere la copertura dei periodi di assenza per maternità, malattia e
infortunio per le partite Iva con un reddito inferiore a 20.000 euro l’anno
Ripristinare tutte le norme approvate dal governo Prodi in tema di sicurezza
sul lavoro
Fissare un tetto massimo per le retribuzioni dei manager di banche, di
aziende pubbliche e di aziende che ricevono aiuti di Stato
Congresso Nazionale Italia dei Valori
20-20-20: in sintesi proponiamo 20% l’aliquota minima su stipendi e
pensioni, 20% la tassazione sulle rendite escluso i titoli di Stato, 20%
aumento di stipendi e pensioni nei prossimi 3 anni per rilanciare i consumi.
2. Economia e finanza
Diminuire il carico fiscale alle imprese
Eliminare l’anticipo di imposte e prevedere il versamento dell’Iva ad
avvenuto pagamento della fattura
Liberalizzare i servizi pubblici locali: apertura al mercato, avvio delle
privatizzazioni, ad esclusione dei servizi essenziali (come l’acqua);
Indicare tassi omnicomprensivi di tutti i costi, per tutte le operazioni
bancarie
Rilanciare la produttività nelle imprese con premi salariali legati ai risultati,
con incentivi alla rottamazione e prevedere la detassazione degli
investimenti finalizzati alla ricerca
Accelerare i pagamenti della P.A. e i rimborsi di imposta
Favorire accordi con il sistema bancario per il finanziamento alle PMI
Ridurre l’Irap alle PMI che investono in innovazione tecnologica, ricerca,
risparmio energetico e/o assumono personale a tempo indeterminato
Semplificare le procedure amministrative e velocizzare l’iter burocratico
degli adempimenti con l’obiettivo di ridurre gli oneri amministrativi del 25%
entro il 2012
Favorire i processi di aggregazione delle PMI, al fine di facilitare l’accesso
ai finanziamenti comunitari
Sperimentare nuove forme di partecipazione dei dipendenti all’impresa,
anche incentivando varie modalità di partecipazione agli utili
Vietare agli imprenditori e alle società ad essi collegate, qualora
condannati in via definitiva per delitti associativi e di corruzione, di
partecipare direttamente o indirettamente alla realizzazione di opere e
servizi pubblici.
3. Immigrazione
Avviare una politica comune europea per il controllo dei processi migratori.
Abrogare la Bossi-Fini e il recente pacchetto sicurezza (reato di
immigrazione clandestina) e sostituirla con una legge civile.
Fatto salvo il principio della punibilità dei delitti (che riguarda tutti),
l’immigrazione non può essere trattata con una logica che incrementa la
clandestinità e la delinquenza che ne deriva.
Favorire la scolarizzazione dei figli degli immigrati. Conoscenza della lingua
e della cultura nascono nella scuola.
Esercitare forme di controllo stringente sui mercati del lavoro clandestino.
Favorire l’imprenditorialità degli immigrati.
Riconoscere alle famiglie residenti ed in regola il diritto di voto
amministrativo.
Inasprire le pene per i reati contro le donne, i minori e per i reati motivati
da odio razziale, da discriminazione sessuale o religiosa
Stipulare trattati internazionali che consentano di fare scontare le pene, in
condizioni di reciprocità, nei paesi di origine dei condannati
Avviare una politica comune europea per il controllo dell’accesso degli
extracomunitari
4. Giustizia e Sicurezza
Semplificare il processo civile prevedendo ampie possibilità conciliatorie e
ampliamento dei poteri d’ufficio del Giudice, con l’obiettivo di completare
ogni singolo grado di giudizio nell’arco di un anno. Prevedere la figura del
giudice monocratico per i processi civili di appello
Eliminare nel settore civile ed in quello penale le norme che introducono
inutili formalismi che rendono sempre più lontana nel tempo la decisione.
Prevedere filtri per i ricorsi in Cassazione
Individuare pene certe e processi penali più rapidi con possibilità di
applicazione della pena dopo il secondo grado di giudizio
Stabilire la sospensione della prescrizione dei reati dopo il rinvio a giudizio
Utilizzare la informatizzazione dei processi per quanto riguarda le notifiche,
le copie di atti, le verbalizzazioni, la celebrazione dei processi stessi
Prevedere ampie forme di azioni collettive a difesa dei diritti
Aumentare l’organico delle forze dell’ordine, adeguare i salari e
razionalizzare l’impiego delle stesse sul territorio, con precisa divisione di
compiti tra chi svolge attività di polizia giudiziaria e chi espleta attività di
prevenzione e controllo del territorio
Depenalizzare i reati meno gravi per consentire all’autorità giudiziaria di
concentrare la sua azione nel perseguimento dei reati gravi ed in quelli di
alto allarme sociale
Aumentare gli organici dei magistrati nelle regioni a più alta incidenza
criminale, creando incentivi di vario tipo che ne favoriscano anche la
mobilità
Vietare ai magistrati consulenze ed arbitrati
Rafforzare la normativa sulla cooperazione giudiziaria internazionale, sulle
rogatorie e sulle assistenze giudiziarie dirette tra le magistrature dei vari
Paesi
Prevedere la figura del Pubblico Ministero Europeo del quale venga
garantita autonomia ed indipendenza. Le nomine dei magistrati nelle
strutture europee di collegamento, in Eurojust, in Olaf, devono avvenire per
concorso e, quindi, sganciate dal gradimento politico
Introdurre l’ipotesi di specifici reati ambientali nel codice penale con
sensibile aggravamento delle pene;
Inasprire il regime carcerario per i mafiosi anche attraverso l’utilizzazione
di talune strutture carcerarie
Migliorare la normativa sui collaboratori di giustizia in modo tale da
eliminare quella previsione che restringe il tempo entro il quale il
collaboratore deve rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria.
Modificare la legge che prevede la punizione del voto di scambio in modo da
renderla effettivamente attuabile e, quindi, più incisiva.
Reintrodurre il delitto di falso in bilancio ed innalzare le pene con
possibilità di applicazione di misure coercitive
Introdurre il reato di auto riciclaggio per consentire l’accertamento e la
confisca dei beni frutto di attività criminosa
Inasprire le sanzioni a carico degli evasori fiscali
Impedire qualsiasi modifica legislativa che renda più difficile l’utilizzo delle
intercettazioni telefoniche ed ambientali
Prevedere norme e controlli per garantire la trasparenza nelle politiche di
assegnazione dei fondi pubblici italiani ed europei
5. Informazione
Liberalizzare il mercato televisivo dando attuazione alle direttive europee e
alle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia europea
(vicenda Europa7-Rete4), con l’eliminazione del duopolio Rai-Mediaset
Fissare il limite del 10-15% del mercato totale per i proprietari di reti
televisive e stampa cartacea
Rivedere i criteri di assegnazione dei finanziamenti pubblici all'editoria e
loro effettivo controllo
Assegnare il controllo sulla Rai ad un ente totalmente e realmente
indipendente dai condizionamenti e dalle scelte della politica
Promuovere la diffusione dell’accesso ad Internet su tutto il territorio
nazionale e l’insegnamento delle tecnologie informatiche a partire dalle
scuole elementari
Realizzare una chiara liberalizzazione del mercato della raccolta
pubblicitaria con previsione di un tetto massimo per le quote di mercato
della pubblicità televisiva
6. Famiglia e diritti delle persone
Prevedere agevolazioni sulla prima casa per le giovani coppie
Riconoscere un sistema di diritti e doveri per le coppie di fatto
Predisporre misure organiche di tutela per le lavoratrici madri e di
riconoscimento delle attività di gestione del nucleo familiare
Istituire sussidi mensili alle famiglie numerose proporzionali al numero di
figli e all’età.
Garantire un solido sostegno economico alle famiglie meno abbienti e
relativamente alla scuola dell'obbligo
Prevedere l’istituto della “class action” in stile statunitense per la tutela dei
diritti dei consumatori
Prevedere, in tema di testamento biologico, libertà e rispetto delle scelte
individuali
7. Sanità
Individuare percorsi di sicurezza per ridurre rischi ed errori in campo
sanitario
Attuare deospedalizzazione e riorganizzazione della medicina territoriale
con centri di competenza specifica e di assistenza
Prevedere fondi destinati alla ricerca scientifica, così da favorire la
competitività del nostro paese e dei nostri centri ed frenare la fuga di
professionalità
Promuovere una campagna di informazione preventiva e soprattutto di
educazione scolastica sui rischi collegati all’alimentazione sbagliata, al
fumo, all’alcool ed alle droghe
Definire la progressione di carriera, i concorsi, la nomina e gli incarichi, a
livello ospedaliero, universitario e delle ASL, secondo criteri di merito e di
professionalità e prevedere valutazioni da parte di organi indipendenti e
non su base di lottizzazione politica
8. Ambiente e qualità della vita
Dare piena adesione ed esecuzione agli impegni assunti con il protocollo di
Kyoto sul riscaldamento globale e sul clima
Si, Acqua pubblica
No, Centrali nucleari
Aumentare gli investimenti per lo sviluppo delle energie rinnovabili
Incentivare l’edilizia e la sua riqualificazione ad alto risparmio energetico:
edilizia biocompatibile, nuove tecnologie di condizionamento degli ambienti
urbani e valorizzazione della bioarchitettura
Incentivare il riciclo rifiuti con raccolta differenziata all'80% in tre anni,
riutilizzando integralmente i materiali recuperati, al fine di ridurre gli
smaltimenti in discarica e negli inceneritori, assumendo – come orizzonte
strategico – l’obiettivo “rifiuti zero”
9. Riforme istituzionali e riduzione dei costi della politica
Prevedere la ineleggibilità al Parlamento per i condannati con sentenza
penale passata in giudicato per reati gravi
Modificare la legge elettorale restituendo ai cittadini la libertà di scelta
degli eletti
Respingere le leggi ad personam come quelle che impropriamente vengono
definite “processo breve”, “legittimo impedimento” o “immunità
parlamentare”
Abolire le Provincie e Comunità montane
Ridurre fino al 50% il numero dei componenti delle Assemblee elettive
(Parlamentari, consiglieri comunali e regionali)
Ridurre del 50% i finanziamenti pubblici ai partiti da erogare in relazione
alla durata effettiva e non nominale del mandato
Accorpare le funzioni amministrative nei comuni con popolazione inferiore
ai 2.000 abitanti
Prevedere una normativa vincolante su divieto di accesso a cariche
pubbliche per coloro che si trovano in conflitto d’interessi, con particolare
riferimento alla non candidabilità di coloro che hanno interessi aziendali a
qualsiasi titolo in imprese titolari di concessioni pubbliche o che operino nel
sistema dell’informazione
Superare l’attuale bicameralismo trasformando il Senato in Camera delle
autonomie locali
Riformare i regolamenti parlamentari per ridurre i tempi di approvazione
delle leggi, garantendo comunque la piena agibilità politica e i diritti delle
minoranze
10. Politica estera e integrazione europea
Contribuire al multilateralismo e privilegiare la risoluzione diplomatica dei
conflitti;
Riformare l’ONU superando logiche proprie del tempo della guerra fredda e
liberando l’azione della stessa da condizionamenti e veti che ne riducono
l’efficacia
Realizzare una scelta chiara di politica estera e commerciale
internazionale, che sia rispettosa di diritti umani e ambiente
Rafforzare in senso democratico le istituzioni europee
Costruire un’unica politica estera europea
Rafforzare i poteri della Authority di vigilanza europea per il controllo e la
supervisione dell’operato delle banche, incluse le Banche Centrali
Istituire un corpo di esercito europeo con l’obiettivo di finanziare le missioni
di pace all’estero di ottimizzare le spese militari secondo una linea
omogenea di intervento che realizzi una reale presenza politica
internazionale
Applicare le sentenze europee entro 60 giorni dalla loro approvazione
Intensificare i rapporti internazionali per migliorare il rispetto delle libertà
civili e dei diritti umani in ogni paese
11. Scuola – Università - Ricerca:
Ridurre le spese militari, sottrarre fondi alle grandi opere inutili (Ponte di
Messina) per destinare integralmente il ricavato al finanziamento di
istruzione e formazione.
Applicare il dettato costituzionale dell’articolo 33: enti e privati hanno il
diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
Scuola dell’obbligo. Riduzione del numero degli alunni per classe, stabilità
del corpo docente, innalzamento dell’obbligo scolastico. Promuovere la
formazione tecnico-scientifica in relazione alla riconversione energetica.
Laicità dell’insegnamento.
Università. Favorire la formazione scientifica e l’addestramento alla
ricerca. Bloccare la moltiplicazione delle sedi e dei corsi di laurea.
Scoraggiare l’afflusso studentesco a lauree facili (esempio: psicologia e
scienza della comunicazione, fabbriche di disoccupati). Rafforzare le
esperienze di scambio europeo, Erasmus e affini.
Congresso Nazionale Italia dei Valori
Riaprire il reclutamento di giovani ricercatori. Destinare risorse finanziare
adeguate alla ricerca scientifica sulle fonti di energia rinnovabili, sul riciclo
dei rifiuti, e alla loro applicazione diffusa.
Aumento del tempo scuola con riduzione del numero di alunni per classe
Mantenimento di istituti funzionanti per le scuole dell’infanzia e primarie
anche nei piccoli centri e collegamenti pubblici gratuiti per le scuole
secondarie accentrate nei comuni maggiori
Diritto allo studio per gli alunni portatori di handicap assicurato dal
sostegno di insegnanti specializzati.
Definizione di rapporto tra alunni per classe e spazi fisici messi a
disposizione dell’aula, nel rispetto delle norme igieniche e di sicurezza.
Aumento dei finanziamenti per le verifiche di manutenzione delle strutture
e adeguamento alle norme antisismiche di tutti gli edifici scolastici.
Piano triennale, per la stabilizzazione dei precari con formulazione di
proposte economiche per l’eventuale prepensionamento di corpo docente
eccedente.
Adeguamento degli investimenti in ricerca e per gli istituti universitari
dall’1% attuale agli standard europei del 3% del Pil.
Ridefinizione della governance delle Università e delle competenze dei
diversi organi distinguendo l’indirizzo, dal controllo e dalla gestione.
Revisione del sistema delle carriere e di reclutamento dei docenti.
Obbligo della lingua inglese e dell’informatica come materie didattiche fin
dalla scuola dell’infanzia.
___________________________________________________________